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sabato 1 giugno 2019

Analisi

Enrico Letta: “Il trionfo della Lega? È una Brexit mascherata che ci isola in Europa”

L'ex presidente del Consiglio italiano: "La vittoria di Salvini fa male all'Italia perché ci isola ancora di più. Ormai è come se fosse una Brexit mascherata. La reazione dei Cinque Stelle alla sconfitta è infantile. Sono come l'apprendista stregone che ha evocato il demone e non sa come fermarlo"

27 maggio 2019

https://www.linkiesta.it/it/article/2019/05/27/enrico-letta-intervista-elezioni-europee/42301/ 

La Lega trionfa, il Partito democratico regge, il Movimento Cinque Stelle crolla, doppiato dai suoi alleati di governo. I sovranisti crescono ma non sfondando. In Italia il risultato delle elezioni europee è chiaro, ma non è detto che questa possa essere una buona notizia per l'Europa. Per capire quale sarà l ruolo dell'Italia abbiamo intervistato l'ex presidente del Consiglio Enrico Letta ora decano della Scuola internazionale per gli affari di Parigi (Psia): «Tutti si aspettavano una vittoria dei populisti invece il miglior risultato l'hanno fatto i verdi. I sovranisti sono andati bene in Italia e in Francia. Anche se Le Pen era già andata bene nel 2014 e anzi ha ottenuto un risultato leggermente inferiore asciugando il partito gollista dei Chirac e Sarkozy che solo un anno fa aveva preso il 20% con Fillon».
Letta, la Lega ha stravinto le elezioni europee. Cosa succederà ora in Europa?
È un chiaro successo. Ma è stato un voto per il Parlamento europeo, non per quello italiano. La Lega ha fatto un ottimo risultato ma sarà sempre più isolata. E questo isolamento lo pagherà l’Italia perché la maggioranza dei nostri eurodeputati saranno condannati all’irrilevanza, emarginati da tutti gli altri. Al raduno di Milano, Salvini aveva detto che i sovranisti puntavano al secondo posto, subito dopo il Ppe, per obbligare i popolari a fare con loro un’alleanza di destra-centro. Ma l'eurogruppo di Salvini è ora solo quinto all’interno del prossimo Parlamento europeo: vale il 7% e sarà sempre più marginale. La situazione è preoccupante perché l’Italia si auto emargina nell’anno i cui si devono prendere due decisioni chiave. 
Quali?
Il presidente della Commissione europea e della Banca centrale europea. Negli ultimi anni sono queste due scelte fatte nel 2011 e 2014 che hanno cambiato la linea politica europea grazie all’influenza dell’Italia nella decisione. Ricordo che l’ultimo presidente della Bce è l’italiano Mario Draghi e grazie a lui la Bce ha cambiato approccio. L’Italia ha influito anche sulla scelta del presidente della Commissione Jean-Claude Juncker nel 2014 che ha cambiato la linea politica dell’austerità del suo predecessore José Manuel Barroso. L’Italia era ai tavoli dove si decideva anche e soprattutto per il suo interesse, ma oggi è fuori e chissà per quanto tempo. Il fatto che in Italia la discussione si è concentrata sul portafoglio economico del commissario italiano dimostra l'arretramento del nostro Paese.
Però al governo farebbe comodo avere un italiano come commissario agli Affari economici o all’Euro.
È una questione secondaria. I commissari europei sono 28: i portafogli sono tutti deboli di per sé. Anzi, il fatto di avere un portafoglio economico importante rende più difficile aiutare il Paese di origine del commissario. Perché c’è una grande attenzione sui conflitti di interesse in Europa. Salvini sta infilando l’Italia in una Brexit mascherata all’italiana.
Cioè?
Metterci così ai margini dai tavoli dove si decidono le cose è come essere usciti dal circolo di chi conta. Siamo diventati come gli ungheresi e i polacchi. Con la differenza che l’Ungheria e la Polonia non hanno l’Euro, mentre noi sì. Non possiamo permetterci un isolamento come questo.
Bisogna riflettere sul crollo impressionante del Movimento Cinque Stelle. Mi colpisce la reazione miope e infantile dei dirigenti grillini. Una bocciatura così sonora dovrebbe farli interrogare sul disastro che hanno creato. Sono come Topolino apprendista stregone nel film Fantasia: hanno evocato un demone e questo li ha mangiati

Enrico Letta
Però se lo sarà spiegato il successo della Lega.
Salvini ha radicalizzato il voto di centrodestra e si è mangiato politicamente Forza Italia. La colpa è anche di Silvio Berlusconi che non ha mai voluto fare il passaggio generazionale e ora ne paga nel conseguenze. Ma stiamo attenti a non commettere un errore.
Quale?
Non dobbiamo avere lo strabismo di credere che il voto delle europee sarà quello delle politiche. In questo tipo di elezioni capitano spesso dei balzi imprevedibili: lo ha dimostrato il 40% del Partito democratico di Renzi cinque anni fa, ma anche Berlusconi nel 2009 quando arrivò al 35%. Per dire, nel 1999 la lista Bonino da sola arrivò all’8%. Il dato politico è che esiste una parte di indecisi importante che non avrà problemi a spostarsi da un partito a un altro. Questo sarà il terreno su cui lavorare per chi vorrà vincere le prossime elezioni.
Secondo lei scopriremo presto cosa voteranno gli indecisi?
Sì, le elezioni nazionali si avvicinano con questo voto. Non ci sono più le condizioni perché la maggioranza al governo regga. Bisogna riflettere sul crollo impressionante del Movimento Cinque Stelle. Mi colpisce la reazione miope e infantile dei dirigenti grillini. Una bocciatura così sonora dovrebbe farli interrogare sul disastro che hanno creato. Sono come Topolino apprendista stregone nel film Fantasia: hanno evocato un demone e questo li ha mangiati.
Però il Pd non è mica al 40% come cinque anni fa.
Ma ha fatto un buon risultato rispetto alle ultime politiche. Ha dimostrato che può essere il baricentro attorno a cui costruire un’alternativa per questo Paese. In Italia bisogna costruire una proposta politica che unisca temi sociali e ambientali, perché la più bella notizia delle elezioni europee è il successo dei verdi, anche se non esistono nell’Europa del Sud: non hanno superato la soglia in Grecia, Spagna e Italia. Però i verdi hanno portato tanti giovani a impegnarsi e a votare, lo vedo qui anche con i miei studenti. L’ambiente è il tema su cui l’Unione europea è all’avanguardia da sempre. Il Partito democratico deve farsi paladino in Europa per far sì che nella nuova maggioranza formata da socialisti, popolari e liberali entrino anche i verdi.
Quali dovranno essere le priorità della prossima commissione europea?
L’Unione europea dovrà affrontare tre temi essenziali: l’ambiente, perché la lotta contro il cambiamento climatico è la vera emergenza di oggi. Ma anche il tema dell’umanesimo tecnologico: cioè la protezione della persona nei grandi cambiamenti che l’automazione e l’intelligenza artificiale porteranno nella nostra società. Il terzo è la questione sociale: c’è bisogno che l’Europa si occupi pesantemente di combattere la disoccupazione giovanile e la povertà. Tutto il resto è secondario.

L’unica vera domanda che ha senso porsi sul Russiagate di Salvini

Possiamo chiederci tutto, sull'incontro dell’Hotel Metropol tra Gianluca Savoini e i russi, sullo scoop di Buzzfeed, sulle “manine” e sulle conseguenze. Ma la domanda è un’altra: perché questo legame tra le potenze stranieri ostili all’Europa e i sovranisti di casa nostra?

13 luglio 2019
Vasily MAXIMOV / AFP
Possiamo ripeterceli all’infinito, i fatti. Possiamo raccontarci all’infinito che Gianluca Savoini, presidente dell’associazione Lombardia - Russia con sede in via Bellerio, leghista di ferro dal 1991, fedelissimo di Bossi e Maroni, vicepresidente del Corecom, l’agenzia di comunicazione di Regione Lombardia, ha incontrato una delegazione di non precisati uomini russi all’Hotel Metropol di Mosca. Possiamo ripeterci finché vogliamo che ciò di cui i sei uomini parlano è la creazione di un fondo nero a favore della Lega da circa 58 milioni di euro per pagare la campagna elettorale di Salvini alle elezioni europee, attraverso la vendita di carburante all’Eni da una non meglio precisata società russa. Possiamo pure ricordare che la Lega, nel frattempo, cercava di far passare all’interno del decreto “Spazzacorrotti” un emendamento che permettesse ai partiti o ad associazioni e fondazioni ad essi legate di ricevere finanziamenti esteri. Possiamo raccontarcela tutta, e possiamo scannarci all’infinito sul fatto che Salvini sapesse o meno quel che stava facendo il suo sodale di partito, possiamo chiederci se un tentativo di corruzione valga come una corruzione fatta e finita, se il discrimine tra innocenza e colpevolezza siano i soldi e il fatto compiuto, se sia lecito o meno che una forza politica italiana prenda i soldi da una potenza straniera, se siano di più le affinità o le divergenze col Pci che prendeva i soldi da Mosca e la Dc che li prendeva da Washington o +Europa che li prende da George Soros, se c’è o non c’è la manina che ha passato le carte prima all’Espresso e poi a Buzzfeed, e possiamo pure passare i prossimi mesi a ipotizzare di chi sia quella manina, se americana, o russa, o italiana, e sia la stessa manina che ha incastrato il vicecancelliere austriaco Heinz-Christian Strache, per lo stesso identico motivo, solo un paio di mesi fa, alla vigilia delle elezioni europee.
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Possiamo pure riempirci la testa di retroscena ed elucubrazioni di Palazzo, sulla tenuta del governo, sull’ipocrisia dei Cinque Stelle, sulla maggiore o minore possibilità di elezioni anticipate, sui su e giù della Lega nei sondaggi, sulla credibilità internazionale dell’Italia, sul nostro ruolo in Europa, sull’impatto che questo ennesimo scandalo avrà sulla manovra di ottobre, su tutto quello che volete.
Perché tutte le grandi potenze esterne e ostili all’Unione Europea vedono nella Lega un interlocutore da finanziare a da sostenere? Perché le politiche della Lega piacciono così tanto a Trump, Putin e Xi Jinping?
Possiamo tutto, ma l’unica vera domanda che ha senso farsi è un’altra. Anzi, sono due.
Uno. perché tutte le grandi potenze esterne e ostili all’Unione Europea di cui noi facciamo parte, dalla Russia di Putin agli Stati Uniti di Trump, sino alla Cina che ha firmato con l’Italia il protocollo d’intesa sulla nuova via della seta vedono nella Lega un interlocutore da finanziare a da sostenere? Perché le politiche della Lega piacciono così tanto a Trump, Putin e Xi Jinping?
Due. Perché una forza che si definisce sovranista come la Lega - decisa cioè a recuperare spazi di sovranità per il proprio Paese - ha la necessità di legarsi mani e piedi a tutte le grandi potenze del pianeta da cui dipendiamo per energia e materie prime, che impongono dazi alle nostre merci, che esercitano una pressione tecnologica e competitiva enorme sulle nostre produzioni, sul nostro benessere, sulla nostra sovranità?
Rispondete a queste due domande. Poi, promesso, ci occuperemo del resto.


Il Russiagate è solo l’antipasto: il progetto di Salvini è un’Italia alla deriva e nemica di tutti


Lo scandalo in cui è impigliata la Lega rivela, in sottotesto, un cambiamento molto più grande e più pericoloso: quello di un partito che cercherà di eliminare l’idea di società aperta e tollerante in nome di nuove alleanze e amicizie


15 luglio 2019

Andreas SOLARO / AFP
Qualcuno ha avuto problemi con Ruby. Qualcuno con lotti (minuscolo) e appalti. Qualcuno infine con Lockheed e rubli, tesori russi e tesori americani d’antan. Di scandali, finanziamenti occulti, riciclaggio e disinvoltura nel negare l’evidenza (dalla nipote di Mubarak a Savoini/Carneade imbucato ai ricevimenti ufficiali, chi era costui?) si sono purtroppo nutrite la prima, la seconda e la caricatura della terza Repubblica con contorno drammatico e inquietante delle trame che hanno ammorbato la storia degli ultimi decenni, dal rapimento Moro alla P2.
Trame in parte ancora oscure, in parte ascrivibili alla Guerra Fredda, al gioco politico/diplomatico in cui l’Italia era impigliata, con tante variabili comprensibili e un po’ paradossali, soltanto se si ripercorre la storia plurisecolare di un Paese invaso, dominato, mai veramente unito, con vocazione al vassallaggio.
C’è un’altra ben più grave problematica che il Russiagate in cui è impigliata la Lega di Salvini ha portato alla ribalta. Ossia la metamorfosi politica, culturale e ideologica del partito
Il PCI, presunto terminale degli interessi e dei finanziamenti di Mosca, preferiva l’ombrellone della Nato. La Fiat degli Agnelli era ben lieta di aprire in Russia le prime fabbriche di automobili italiane. Tutto questo non appartiene al passato, perché tanti rivoli politici, culturali, economici, in buona parte legali e alla luce del sole, ancora oggi, e probabilmente in futuro, irradieranno la ragnatela dei rapporti fra l’Italia e le Grandi Potenze, Russia compresa.
Questa premessa per fare riflettere su un’altra ben più grave problematica che il Russiagate in cui è impigliata la Lega di Salvini ha portato alla ribalta. Ossia la metamorfosi politica, culturale e ideologica del partito, al di là degli affari effettivamente conclusi e dei finanziamenti effettivamente ottenuti sottobanco. Che Salvini chiarisca o meno, che tutto finisca in una bolla di sapone, che qualcuno paghi per davvero e non ci venga raccontato che Savoini è il nipote di Tutankhamon e non è nemmeno leghista, che la Russia abbia davvero interesse a finanziare movimenti sovranisti e abbia la potenzialità di farlo - sono aspetti pesanti, ma secondari di una vicenda che potremmo comunque iscrivere nella storia patria di corruzione e presunti finanziamenti illeciti.
La metamorfosi leghista, confermata dal Russiagate, è invece il vero fatto inquietante che assegna a Matteo Salvini il poco onorevole ruolo di politico più pericoloso d’Europa (copyright l’Economist). Perché dietro alla corsa ad accreditarsi a Mosca (dopo l’inginocchiatoio a Washington che forse ha fatto scattare trappole e ritorsioni dei burattinai) c’è tutta la conversione di uomini, mezzi, programmi e attività politiche e organizzative del movimento fondato da Bossi.
Basta ripercorre le tappe pià significative. Dalle sparate contro i terroni alla più o meno rispettabile esaltazione della Padania, dalla rispettabile battaglia autonomista alle illusioni secessioniste, dalla guerra all’Europa e all’euro alla deriva sovranista e nazionalista per conquistare il consenso popolare anche al Sud.
È lo sfregio di una società che continuamo a ritenere aperta, tollerante, profondamente democratica, ancora europeista, solidale, la deriva autarchica (se non autoritaria)
Dentro questa conversione, ci sono arruolamenti di ex fascisti e ideologici del nazionalismo, lo stillicidio di episodi razzisti e xenofobi sostenuti o tollerati da amministratori locali, i proclami a favore dell’uso delle armi e dell’autodifesa, il supporto culturale e intellettuale di visioni e progetti in rotta di collisione con l’Europa, l’esaltazione della Brexit, i legami con movimenti sovranisti e di estrema destra in Europa, la disinvoltura che porta allo spargimento capillare di slogan, insulti e denigrazione di critici e avversari, la voracità nell’occupazione di spazi culturali e informativi, la pressione sui media, il richiamo a tradizioni ataviche, come se fosse riproducibile una grottesca marcia wagneriana in salsa padana.
In questa conversione, per tanti anni considerata folkloristica e un po’ cialtrona, come le felpe del capitano, ci sono oggi i germi di un pericolo reale che troppi stentano ancora a vedere. Il pericolo che la metamorfosi di un movimento diventi la metamorfosi di un Paese, lo sfregio di una società che continuamo a ritenere aperta, tollerante, profondamente democratica, ancora europeista, solidale, la deriva autarchica (se non autoritaria) di una Nazione che si allontana dall’Europa senza sapere nemmeno dove andare. Avanti tutta, alla deriva.
Ma se questo è la traiettoria, che cosa nasconde il Russiagate se non la genesi di una conversione della collocazione internazionale del Paese, delle Alleanze, dei rapporti con l’Europa, di un laboratorio ideologico e culturale da esportazione, secondo tradizioni novecentesche di cui purtroppo siamo stati specialisti?
 

 

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