Trump ha sdoganato il complottismo
La diffusione di bugie e teorie complottiste è diventata la norma, e il Washington Post scrive che le conseguenze maggiori le avvertiremo fra qualche anno
domenica 12 marzo 2017
Lo scorso fine settimana il presidente americano
Donald Trump ha
accusato il suo predecessore Barack Obama – senza fornire nessuna
prova – di aver dato l’ordine di intercettare i suoi telefoni durante la
campagna elettorale per le presidenziali. È solo l’ultimo caso di una serie
sconcertante di teorie del complotto che Trump e la sua cerchia hanno
promosso nell’ultimo anno. Nel 2017 il palese disprezzo da parte del
presidente degli Stati Uniti per la verità per ottenere vantaggi politici
a breve termine è la nuova normalità. Ma non è una cosa normale.
Sono tempi pericolosi per la democrazia. A
meno di due mesi dall’inizio del suo mandato, il pericolo non è più che Trump
legittimi la mentalità complottista. È già successo. Oggi le pagine dei
giornali sono piene di teorie del complotto, voci e vere e proprie bugie,
come hanno dimostrato ancora una volta le vicende del fine settimana (tra gli
esempi precedenti ci sono le
accuse false di Trump su presunti enormi brogli elettorali e le
forzature sul recente raid dei Navy SEAL in Yemen). La cosa di gran
lunga peggiore è che queste falsità ora potrebbero determinare la linea
politica del governo in diversi settori, come le politiche sull’immigrazione e
i diritti civili; e a lungo termine il danno compiuto dalla normalizzazione
delle bugie potrebbe minacciare il contratto sociale su cui si fonda la
democrazia stessa.
L’ostilità verso i fatti è al centro dello stile
di governo di Trump. Trump e i i suoi consiglieri non ribadiscono teorie del
complotto in maniera innocente, sia che si parli di brogli elettorali perlopiù
immaginari o dell’accusa falsa secondo cui il padre del senatore Repubblicano
Ted Cruz avrebbe avuto a che fare con l’assassinio del presidente John F.
Kennedy. Ormai è difficile non sospettare che lo schema con cui vengono citate
ripetutamente falsità e voci sia qualcosa di più di una semplice coincidenza.
Se li giudichiamo attenendoci solamente ai risultati, i metodi di Trump si sono
dimostrati straordinariamente efficaci. Come ha evidenziato il politologo della
University of Miami Joe Uscinski l’anno scorso, gli elettori hanno premiato
Trump per aver raccontato bugie in campagna elettorale.
Come hanno fatto le teorie del complotto a
diventare un problema? Il livello di fiducia in molte istituzioni sul
lungo periodo ha avuto un ruolo fondamentale. Come hanno detto i politologi
Joanne Miller, Kyle Saunders e Christina Farhart, per credere a una teoria del
complotto di successo bisogna innanzitutto credere che delle figure importanti
siano disposte a cospirare contro i cittadini, una posizione che difficilmente
viene adottata da chi crede che le scelte o le posizioni delle élite siano, se
non le migliori, per lo meno giuste. Con l’aumento della diffidenza nei
confronti delle autorità, più persone sono diventate suscettibili alle storie
su come della brava gente come loro viene tradita dalle perfide élite.
La crescente polarizzazione politica ha fornito
il secondo ingrediente necessario. Mentre le probabilità che gli elettori si
identifichino in modo forte e votino per il loro partito preferito diventano
sempre più alte, è aumentato anche il rigetto di queste persone nei confronti
di punti di vista diversi dal loro. La creazione di bolle di parte sui social
network e in altre istituzioni ha accelerato la crescita della mentalità
complottista. Come hanno sottolineato Norbert Schwarz, Eryn Newman e William
Leach in Behavioral
Science and Policy, le persone non decidono se credere a una
tesi sulla base di una rigorosa verifica dei fatti, ma piuttosto attraverso
criteri come la coerenza, la familiarità e la plausibilità.
La polarizzazione genera dei circuiti chiusi in
cui credere a delle falsità sul conto dei propri avversari diventa una cosa più
plausibile rispetto a cercare informazioni che potrebbero mettere in
discussione quelle stesse idee, come ha
scritto di recente Ishaan Tharoor sul Washington Post.
In questo modo le teorie del complotto possono apparire più plausibili delle
fonti oggettive, anche solamente grazie al fatto che vengono ripetute spesso.
In modo simile, Schwarz, Newman e Leach suggeriscono che il cervello valuta la
coerenza verificando se una tesi rappresenta una buona storia. Questo significa
che teorie del complotto che per definizione non possono essere totalmente
smentite – dato che tutto quanto è un complotto – forniscono a queste
persone una versione “coerente” dei fatti che la realtà, piena di
coincidenze e casualità, non potrà mai offrire.
A dire il vero non è stato Trump a creare le
condizioni per l’ascesa delle falsità. In modo fortunoso o intenzionale, però,
se ne è avvantaggiato. La mentalità estremista adottata da Trump, inoltre, ha
portato a un’inversione di uno schema tradizionale. Prima del 2017 la mentalità
complottista era caratteristica del partito all’opposizione. Oggi, però, i
Repubblicani continuano a sposare teorie come quella del cosiddetto “DeepStateGate”
– l’idea secondo cui a controllare in segreto il governo americano sarebbero
funzionari non eletti di agenzie di sicurezza e burocrati – nonostante abbiano
il controllo di quasi tutta la struttura governativa statunitense, dalla Casa
Bianca e il Congresso a due
terzi dei parlamenti statali.
I danni fatti alle fondamenta di un dibattito
basato sui fatti sono filtrati in entrambi gli schieramenti. La settimana
scorsa i Democratici americani si sono concentrati sull’ammissione
del procuratore generale americano Jeff Sessions sui suoi incontri con l’ambasciatore
russo Sergey Kislyak durante la campagna elettorale del 2016, dopo che
all’inizio aveva negato di averlo fatto. Il sottotesto – e in alcuni casi il
testo vero e proprio – era che Sessions potrebbe aver contribuito a coordinare
un piano del governo russo per pilotare le presidenziali americane. Non ci sono
prove a sostegno di questa tesi. Come ha scritto Ryan Lizza sul New Yorker,
per ora la storia sembra essere un «insabbiamento
senza reato». Ciononostante su Twitter molti progressisti hanno
condiviso con entusiasmo la notizia, sperando che Sessions si dimettesse per
una violazione eclatante ma ancora piuttosto generica.
Sul lungo periodo il ciclo delle bugie minaccerà
le fondamenta della democrazia. La democrazia richiede verità, e anche la
fondamentale fiducia nel fatto che perdere le elezioni non comporta perdere il
potere per sempre. Le teorie del complotto non solo alimentano la diffidenza
nei confronti dell’autorità: la promuovono. Se una parte consistente di
americani crede che i loro avversari politici siano diventati il nemico, le
basi per i compromessi necessari per far funzionare le istituzioni
democratiche crolleranno. Con le sue azioni, Trump sta cercando di fare in modo
che questa diventi la sua eredità più longeva.
© 2017 – The Washington Post
Per approfondire ulteriormente:
http://www.ilpost.it/2016/12/13/consigli-dai-giornalisti-per-difendersi-dalla-notizie-false/
https://it.sputniknews.com/mondo/201702154077422-fake-news-occidente-guerra/
https://it.sputniknews.com/mondo/201702154077422-fake-news-occidente-guerra/
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