Lega, il riesame conferma la sentenza: "Vanno sequestrati i 49 milioni della truffa"
Il tribunale di Genova conferma la decisione della Cassazione sulla truffa dei rimborsi elettorali del partito dal 2008 al 2010 per cui sono stati condannati in primo grado l'allora segretario Bossi e il tesoriere Belsito
Tutti i conti della Lega vanno sequestrati, fino a raggiungere la somma di 48,9 milioni di euro. È la decisione del tribunale del Riesame di Genova, che ha depositato la tanto attesa sentenza sul sequestro dei fondi del partito del ministro dell'Interno Matteo Salvini. Ha accolto, quindi confermando, le richieste della procura di Genova, che chiedeva il sequestro dei 49 milioni frutto della truffa ai danni dello Stato commessa tra il 2008 e il 2010.
L'effetto concreto è che dopo questa decisione dei giudici del Riesame i conti correnti del partito potranno essere effettivamente sequestrati e le somme congelate. Perché la sentenza è subito esecutiva. Questo vuol dire che la guardia di finanza da questo momento in poi può andare a caccia dei quasi 50 milioni di euro sequestrano tutti i conti direttamente o indirettamente riconducibili alla Lega, così aveva stabilito anche la Cassazione. Al momento sono stati sequestrati circa 3 milioni di euro, trovati sui conti della Lega nazionale e della varie sezioni regionali.
Poi l'attività investigativa si era perciò interrotta e non erano stati toccati i conti correnti riconducibili a organizzazioni legate al Carroccio. Per esempio società e associazioni contigue al partito di Salvini. La sentenza della Cassazione e la conferma di oggi del tribunale del Riesame di Genova danno la possibilità di aggredire anche questo denaro.
Era stata la Cassazione ad aprile a chiamare in causa il Riesame dopo aver accolto la richiesta della procura di potere sequestrare i conti della Lega oltre a quelli già trovati. Il sequestro era stato deciso dal tribunale di Genova dopo la condanna di Bossi, Belsito e dei tre ex revisori contabili per truffa ai danni dello Stato. Nella sentenza della Cassazione avevano stabilito andava sequestrata qualunque somma di denaro riferibile al partito «ovunque venga rinvenuta fino a raggiungere 48,9 milioni».
"E' una vicenda del passato, sono tranquillo, gli avvocati faranno le loro scelte: se vogliono toglierci tutto facciano pure, gli italiani sono con noi". Lo ha detto il ministro degli interni e leader della Lega Matteo Salvini nel corso di una conferenza stampa al Viminale."Io sono tranquillo - ha aggiunto il ministro dell'Interno -continuo a lavorare, i processi e le storie del passato che riguardano fatti di otto o dieci anni fa non mi appassionano". -
All'epoca della sentenza della Cassazione Salvini aveva definito
«politico» il verdetto dei giudici. E il tesoriere Giulio Centemero
aveva detto:«Forse l'efficacia dell'azione di governo della Lega dà
fastidio a qualcuno, ma non ci fermeranno certo così». Non sarà, però,
facile per gli investigatori trovare altri soldi. La vicenda dura ormai
da oltre un anno, e nel frattempo molte risorse sono state spese.
Ecco perché la Lega deve restituire i 49 milioni. Lo dicono i giudici
Una memoria dell’avvocatura di Stato e la sentenza di Genova spiegano il motivo per cui i soldi dei rimborsi vanno sequestrati
In realtà le cose sono molto più semplici. Per capirle basta leggere la sentenza di condanna per truffa ai danni dello Stato comminata in primo grado dal tribunale di Genova lo scorso luglio contro Bossi e Belsito. E la memoria di 60 pagine depositata dall’avvocatura dello Stato in difesa di Camera e Senato, costituitesi parti civili nel processo per truffa.
La coppia Bossi-Belsito spera nel processo d’Appello. Il 12 luglio è stato il giorno della requisitoria della procura generale, che rappresenta l’accusa in secondo grado. Difficile che si arrivi a sentenza entro la fine di luglio. Più probabile che i giudici decidano a settembre. Di sicuro a sostenere la tesi dei pm c’è di nuovo l’avvocatura dello Stato. Che, nella memoria depositata nel giudizio di primo grado, spiega i motivi per cui la Lega non avrebbe dovuto ottenere i rimborsi, e quindi la ragione della richiesta di sequestro dei 49 milioni. I giudici hanno stabilito di confiscare i rimborsi elettorali percepiti negli anni 2008-2009-2010 poiché i bilanci presentati dal partito in quei tre anni erano stati falsificati. «La liquidazione», si legge infatti nella sentenza, «è subordinata all’accertamento della regolarità del rendiconto». Lo prevede la legge, la numero 2 del 1997.
Insomma l’erogazione dei rimborsi era vincolata alla presentazione di un bilancio regolare. Il problema è che in quei tre anni, come dimostrato al processo, i conti del Carroccio erano stati truccati. Attraverso «artifici e raggiri», si legge nella sentenza, sono state «riportate nel rendiconto false informazioni circa la destinazione delle spese sostenute, in assenza di documenti giustificativi di spesa ed in presenza di spese effettuate per finalità estranee agli interessi del partito politico». Proprio in relazione a quest’ultima frase, quella sulle spese estranee alla Lega, i giudici spiegano che «si è proceduto separatamente nei confronti di Francesco Belsito, Umberto Bossi e Renzo Bossi». Questo è il punto su cui si rischia di fare confusione, per lo meno stando alle dichiarazioni di Calderoli. Perché il fatto che Bossi e colleghi abbiano speso soldi per fini personali - le lauree in Albania, ad esempio - non coincide con la truffa nei confronti dello Stato. Quella si chiama appropriazione indebita, reato per il quale il vecchio leader, l’allora tesoriere Belsito e il “Trota” sono stati condannati dal tribunale di Milano.
In altre parole, i soldi che Salvini si dice disposto a mettere di tasca propria non hanno nulla a che fare con i 49 milioni messi sotto sequestro. Quelli, hanno deciso i giudici, la Lega li deve restituire perché percepiti illegalmente. La linea della difesa leghista è molto semplice e si basa su una anomalia del meccanismo: i rimborsi elettorali erano legati al numero di voti presi dal partito, quindi la rendicontazione delle spese era una pura formalità. La sentenza dei giudici di Genova e la memoria dell’avvocatura dello Stato fanno valere una tesi diversa. Come abbiamo detto, la legge del ’97 regolava i rimborsi vincolandoli alla presentazione di regolare bilancio. La successiva modifica del ’99, spiegano i giudici, «attribuiva un rimborso in relazione alle spese elettorali sostenute per le campagne per il rinnovo del Senato della Repubblica e della Camera dei deputati, del Parlamento europeo e dei Consigli Regionali». A un patto, però: che i bilanci non presentassero irregolarità, pena la sospensione dell’erogazione. Ecco perché i giudici, sostenuti in questo dai legali di Camera e Senato, sottolineano il fatto che i conti del Carroccio presentavano «false informazioni circa la destinazione delle spese sostenute». E non si è trattato di spiccioli: nella sentenza si legge che nei tre anni analizzati «mancavano pezze giustificative per i due terzi delle spese del Movimento». Vale a dire circa 46 milioni di euro usciti dalle casse della Lega senza motivo. Per queste ragioni i giudici hanno deciso di sequestrare tutto il rimborso ottenuto dal Carroccio per quegli anni e non solo, come vorrebbe Salvini, il malloppo utilizzato da Bossi e Belsito per scopi privati.
Come mai lo stesso trattamento non è stato riservato alla Margherita? La domanda è stata proposta più volte in questi giorni su giornali e social network. Perché Luigi Lusi, ex tesoriere del partito guidato da Francesco Rutelli, è stato protagonista di vicende molto simili a quelle di Bossi e Belsito, avvenute peraltro negli stessi anni e raccontate da L’Espresso con diverse copertine esclusive. In sostanza Lusi si era intascato parecchi milioni di euro frutto dei rimborsi elettorali, eppure i giudici non hanno sequestrato i soldi al partito. Il motivo sta tutto in una formuletta giuridica: costituzione di parte civile. Mentre la Margherita aveva infatti chiesto i danni a Lusi, ottenendo come conseguenza la restituzione del tesoro, la Lega di Salvini ha scelto di non farlo con Bossi e Belsito.
«Sarebbe uno spreco di tempo e soldi», spiegò all’epoca il ministro dell’Interno. Che non aveva fatto bene i calcoli: la maledizione della truffa è ricaduta infatti anche sull’attuale partito, il quale non solo non otterrà alcun risarcimento ma dovrà restituire il maltolto. Una punizione aggravata dalle valutazioni dell’avvocatura dello Stato.
Nella conclusione della memoria, i legali che rappresentano Camera e Senato definiscono «inqualificabile e scellerato» il comportamento dei protagonisti della truffa, soprattutto perché nel frattempo l’Italia viveva «un buio periodo», scrivono gli avvocati dello Stato, «nel quale i vertici del Paese sono stati costretti ad emanare disposizioni di rigido contenimento della spesa pubblica, tra le quali il blocco della contrattazione e l’aumento dell’età pensionabile con la riforma Fornero e via dicendo. Si rimane pertanto sbalorditi nel sapere che negli stessi anni venivano distribuiti migliaia di euro in nero a dipendenti della Lega tramite le “buste Buffetti”».
L’atto d’accusa dei legali di Camera e Senato mette in relazione l’allegra gestione dei soldi pubblici da parte dei partiti, nel caso specifico della Lega, con il ricorso a drastiche politiche di austerity, come la legge Fornero. Quasi un contrappasso per Matteo Salvini, che sull’abolizione della riforma ha eretto un pezzo del suo successo elettorale.
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