Trump avvera i sogni di Vladimir Putin
Per quanto gli indizi siano preoccupanti, possiamo anche lasciarli
da parte. L’attuale presidente degli Stati Uniti è un uomo che fino all’anno della sua vittoria elettorale
ha negoziato con Mosca la costruzione di un grattacielo da cui avrebbe
tratto grandi benefici e soprattutto moltissima pubblicità.
Lo stesso uomo avrebbe trascorso – è solo una voce, ma ribadita più
volte – una notte più che agitata in un albergo della capitale russa,
registrata dai microfoni dell’Fsb, i servizi segreti, l’ex Kgb. E come
dimenticare, infine, che nella squadra che ha gestito la campagna
elettorale di Donald Trump c’era almeno una persona molto vicina al
Cremlino ansioso di veder vincere il magnate da accanirsi contro
Hillary Clinton, con i risultati che conosciamo?
A qualsiasi autore di romanzi di spionaggio basterebbe uno solo di
questi elementi, anche la voce di corridoio, per scrivere un best seller
sull’agente russo che occupa l’ufficio ovale. Ma dobbiamo andare oltre
questi fatti. Come ha sottolineato un articolo del sito Globalist,
non c’è alcun bisogno di cercare prove di una collaborazione tra il
presidente degli Stati Uniti e i servizi segreti russi. Anche se Trump
fosse davvero un agente dell’Fsb, infatti, non avrebbe potuto fare più
di quello che ha fatto.
L’ombrello chiuso della Nato
Sovietica o postcomunista, da settant’anni la Russia cerca di seminare discordia tra gli Stati Uniti e l’Europa. Prima d’ora non si era mai avvicinata all’obiettivo, perché la Francia era sempre rimasta al fianco di Washington nei momenti più gravi e gli altri paesi europei avevano deciso di affidarsi alla diplomazia americana per garantire la propria sicurezza.
Sovietica o postcomunista, da settant’anni la Russia cerca di seminare discordia tra gli Stati Uniti e l’Europa. Prima d’ora non si era mai avvicinata all’obiettivo, perché la Francia era sempre rimasta al fianco di Washington nei momenti più gravi e gli altri paesi europei avevano deciso di affidarsi alla diplomazia americana per garantire la propria sicurezza.
Dopo la fine della seconda guerra mondiale, l’Atlantico non ha più
diviso le due sponde, con l’Europa e gli Stati Uniti a formare, dal
punto di vista strategico, un unico mondo compatto. La Nato aveva
eliminato l’oceano, fino all’avvento di Trump, che durante la campagna
elettorale ha messo in dubbio l’automaticità del soccorso di Washington
agli alleati europei (a cominciare dagli stati baltici) e in seguito ha
espresso a più riprese il suo disprezzo per l’Alleanza atlantica, che a
suo dire costerebbe troppo.
La pressione sugli stati baltici è diventata credibile, le
inquietudini dei polacchi sono rafforzate e la sorte dell’Ucraina è
ormai decisa
Perfino il presidente ungherese Viktor Orbán, uomo ideologicamente
molto vicino a Trump, chiede la creazione di una difesa europea dato che
l’ombrello americano sembra essersi chiuso. L’Alleanza si è infranta
perché non esiste più fiducia. Questo non significa che Vladimir Putin
si prepari a invadere l’Unione europea. Non ne avrebbe i mezzi
finanziari e militari, e comunque non ne ha bisogno. Ma la pressione
sugli stati baltici è diventata credibile, le inquietudini dei polacchi
sono rafforzate e la sorte dell’Ucraina è ormai decisa.
Kiev dovrà negoziare un modus vivendi con il Cremlino e accettare non
solo l’annessione della Crimea ma anche l’autonomia delle regioni
orientali e il loro passaggio sotto un protettorato russo. Ormai non ci
sono più contrappesi alle azioni di Putin sul continente europeo. In
attesa di dotarsi di una vera difesa, l’Unione dovrà convivere con
questa realtà, e comincia già a farlo.
L’avversario occidentale
Il secondo sogno russo realizzato da Putin è l’Unione europea accerchiata da tutti i lati. La Casa Bianca ha applaudito apertamente la Brexit, ha criticato la scarsa decisione con cui Theresa May sta gestendo l’uscita dall’Unione e ha definito il desiderio di unità degli europei come una minaccia per la preminenza economica degli Stati Uniti. L’Unione, a questo punto, ha un avversario a ovest, proprio nel momento in cui il caos del sud la colpisce sempre di più e la Russia accentua le sue prove di forza alla frontiera baltica e il suo appoggio alle nuove estreme destre che vorrebbero distruggere l’Europa unita.
Il secondo sogno russo realizzato da Putin è l’Unione europea accerchiata da tutti i lati. La Casa Bianca ha applaudito apertamente la Brexit, ha criticato la scarsa decisione con cui Theresa May sta gestendo l’uscita dall’Unione e ha definito il desiderio di unità degli europei come una minaccia per la preminenza economica degli Stati Uniti. L’Unione, a questo punto, ha un avversario a ovest, proprio nel momento in cui il caos del sud la colpisce sempre di più e la Russia accentua le sue prove di forza alla frontiera baltica e il suo appoggio alle nuove estreme destre che vorrebbero distruggere l’Europa unita.
Il ritiro dalla Siria
Contro l’Unione europea esiste un’alleanza de facto fra Trump e Putin. Il presidente degli Stati Uniti, come se non bastasse, ha realizzato anche un terzo sogno del Cremlino, lasciando che la Russia ritornasse in Medio Oriente. È innegabile che Barack Obama avesse avviato questo processo rifiutando di colpire l’aviazione di Bashar al Assad insieme alla Francia, ma è altrettanto vero che Trump ha trasformato il più grande errore del suo predecessore in una strategia politica, annunciando il ritiro delle truppe dalla Siria.
Contro l’Unione europea esiste un’alleanza de facto fra Trump e Putin. Il presidente degli Stati Uniti, come se non bastasse, ha realizzato anche un terzo sogno del Cremlino, lasciando che la Russia ritornasse in Medio Oriente. È innegabile che Barack Obama avesse avviato questo processo rifiutando di colpire l’aviazione di Bashar al Assad insieme alla Francia, ma è altrettanto vero che Trump ha trasformato il più grande errore del suo predecessore in una strategia politica, annunciando il ritiro delle truppe dalla Siria.
Il processo ha subìto un rallentamento, ma di per sé l’annuncio di
Trump ha evidenziato come ormai gli Stati Uniti non vogliano più
impegnarsi in Medio Oriente né in Europa. Ora tocca alla Russia fare da
arbitro in Medio Oriente, alleandosi con l’Iran e contemporaneamente
permettendo a Israele di opporsi alla costruzione di basi iraniane alla
sua frontiera.
Lasciamo ai romanzieri la penna, l’immaginazione e le storie di
spionaggio. Trump non è pagato dall’Fsb. La realtà è ancora più
pericolosa: i suoi interessi e la sua politica convergono con quelli del
Cremlino, con la Russia revanscista di Vladimir Putin.
(Traduzione di Andrea Sparacino)
Questo articolo è uscito sulla rivista francese Challenges.
5 commenti:
L’Europa che rischia un pericoloso declino
L’Ue si salverà se riuscirà a ritrovare l’ambizione di un progetto che i riti dell’unanimità stanno soffocando in un secolo diverso da quello che ne ha visto la nascita
di Francesco Grillo
L’Europa si salva solo se ha il coraggio di cercare le idee per cambiare radicalmente. Solo se riesce a ritrovare l’ambizione che ha nutrito il più bel progetto politico che l’Occidente abbia concepito e che i riti dell’unanimità stanno soffocando. Deve essere questo il nome stesso del programma di chiunque voglia salvare l’Europa dalla sua ora più buia. Ed è, invece, assordante — nello scontro ideologico tra chi difende e chi attacca l’integrazione — il vuoto di proposte su come potrebbe essere un’organizzazione sovranazionale capace di governare un secolo completamente diverso da quello che ne ha visto la nascita.
Un’Europa incapace di riformarsi e decidere. Esclusa, persino, dalla gestione delle crisi di Paesi ad un’ora di volo da Roma o da Berlino. E senza neppure una delle piattaforme digitali attraverso le quali passano le idee che fanno il ventunesimo secolo. E, tuttavia, da quest’Unione non si riesce neppure ad uscire: lo dimostra il fallimento di quella che è, forse, la più preparata classe dirigente del mondo che si è auto intrappolata nel vicolo cieco della Brexit. Assomiglia, oggi, l’Europa ad uno di quei matrimoni all’italiana descritti dai maestri del neorealismo italiano nei film degli anni Sessanta: un’unione fondata sulla retorica del «per sempre» e che, proprio per questo, diventa una gabbia fatta di reciproci tradimenti.
-segue
I motivi della crisi sono nel fallimento di un metodo fatto, sin dall’inizio, di integrazioni parziali. Non era ovvio che un’area di libera circolazione delle persone (Schengen) senza un’unica frontiera e un unico regolamento per chi vi volesse entrare dall’esterno, avrebbe reso cronico il conflitto tra Stati sulle migrazioni? Quel metodo fu, in realtà, escogitato — come ammise Jacques Delors — da élite (intellettuali) per convincere altre élite (politiche), facendo la scommessa che l’instabilità delle unioni a metà avrebbero costretto gli Stati a completarle. Quella scommessa è, però, fallita e al suo posto rimane una ragnatela di compromessi basati sul rapporto di convenienza tra politici nazionali che hanno bisogno di un livello europeo per giustificare scelte impopolari e burocrati europei pagati per fare da capro espiatorio.
Tre potrebbero essere gli elementi sui quali costruire una «terza via» tra chi è attaccato ad una prospettiva non più attuale (gli «Stati Uniti d’Europa») e chi l’attacca senza proposte alternative. Innanzitutto, l’Europa deve essere più efficiente: fare meno cose e farle molto meglio. Tra competenze esclusive, concorrenti e di sostegno, l’Unione si occupa di ventisei politiche: praticamente tutte e, tuttavia, anche quelle «esclusive» sono pesantemente condizionate dagli Stati. L’Europa non deve più cadere nella trappola delle aspettative eccessive e concentrare le proprie risorse finanziarie, manageriali e di consenso sulle aree dove è evidente che gli Stati sono troppo piccoli rispetto a dinamiche globali: ad esempio, la regolamentazione delle piattaforme digitali globali o le strategie di contrasto del cambiamento climatico.
In secondo luogo, l’adesione deve essere davvero volontaria ed un atto di responsabilità che coinvolge i cittadini. Ai partiti europeisti italiani sarebbe convenuto, già da tempo, strappare la bandiera della democrazia ai «populisti» e chiedere loro agli italiani se avevano ancora voglia di stare nell’Euro. Molto probabilmente, messi di fronte a scelte assai chiare, gli elettori sanno fare di conto. E anche se ciò non succede (nel caso della Brexit le conseguenze non erano altrettanto nette) dobbiamo ricominciare a pensare che scelte non condivise sono sempre scelte deboli e che la democrazia è un processo rischioso ma di apprendimento collettivo.
In terzo luogo va ribaltata — proprio come per i matrimoni all’italiana — l’idea dell’irreversibilità delle unioni e delle stesse istituzioni. Hegel aveva dello Stato un’idea immanente; nel ventunesimo secolo è fondamentale, invece, provare a organizzare l’esercizio del potere in maniera efficiente e flessibile, concedere velocità differenziate e la possibilità — con un costo ma ordinata — di cambiare idea. Una prospettiva di questo genere passa attraverso accordi assai faticosi. Che però verrebbero accelerati se non escludessimo la possibilità di alleanze completamente nuove che vadano oltre lo schema dei trattati: Francia e Germania sembrano essersene accorte ad Aquisgrana.
L’Europa non rischia di finire perché al suo posto ci sarebbe un baratro che nessuno si può permettere. Rischia, però, ed è molto peggio, di rimanere intrappolata — con i suoi Stati e i suoi Popoli — in un declino che la condannerebbe definitivamente all’irrilevanza e alla sclerosi burocratica. Per ridarle energia abbiamo bisogno di restituirle obiettivi realistici ed entusiasmanti: quelli senza i quali i sogni perdono senso.
27 gennaio 2019 (modifica il 27 gennaio 2019 | 20:12)
© RIPRODUZIONE RISERVATA
https://www.ilpost.it/2018/02/20/fabbrica-troll-russia-san-pietroburgo/
https://www.nytimes.com/2018/02/18/world/europe/russia-troll-factory.html
https://www.washingtonpost.com/news/worldviews/wp/2018/02/17/a-former-russian-troll-speaks-it-was-like-being-in-orwells-world/?utm_term=.307c065a7c1f
https://www.nytimes.com/interactive/2018/02/16/us/politics/russia-propaganda-election-2016.html
https://it.wikipedia.org/wiki/Internet_Research_Agency
https://en.wikipedia.org/wiki/Internet_Research_Agency
https://www.rollingstone.it/politica/dentro-la-fabbrica-dei-troll-russi/423369/
https://www.lastampa.it/2018/08/06/esteri/nella-fabbrica-dei-troll-di-san-pietroburgo-dobbiamo-creare-disordine-in-occidente-J6TSRLgC1HeKXpUlHasExN/premium.html
https://www.lastampa.it/2017/10/20/tecnologia/ecco-come-funzionava-la-fabbrica-dei-troll-del-russiagate-a7sBKiVW1r2PDlu6d7WsTK/pagina.html
https://www.stopfake.org/it/la-fabbrica-dei-troll-dentro-gli-uffici-della-dezinformatsija/
https://globalist.it/media/2018/08/02/una-fabbrica-dei-troll-russa-per-sostenere-la-destra-populista-italiana-2028873.html
https://video.repubblica.it/dossier/elezioni-europee-2019/quasi-amici-salvini-e-i-sovranisti-europei-i-democratici-svedesi-mai-insieme-a-chi-e-sostenuto-dalla-russia/329230/329828
https://globalist.it/world/2019/10/06/trump-vuole-l-impeachment-ma-per-il-suo-rivale-mitt-romney-2047293.html
Trump vuole l'impeachment, ma per il suo rivale Mitt Romney
Il miliardario xenofobo contro il repubblicano dello Utah. E Biden attacca: "Ha abusato della politica estera Usa nel tentativo di trarre favori politici da vari Paesi"
6 ottobre 2019
Un essere spregevole: Donald Trump lancia su Twitter l'hashtag #impeachmittromney, anche se i parlamentari non possono essere messi in stato d'accusa.
«Sto sentendo che il grande popolo dello Utah sta pensando che il suo voto per il presuntuoso senatore Mitt Romney sia un grande errore. Sono d'accordo! È uno stupido che sta facendo il gioco dei democratici che non fanno nulla! #impeachmittromney», ha cinguettato.
Romney, ex sfidante sconfitto di Obama alla Casa Bianca, è un esponente repubblicano che non ha mai amato il miliardario xenofobo.
Biden contro Trump - Nel frattempo il candidato di punta democratico per la Casa Bianca Joe Biden sferra un duro attacco a Trump in un editoriale sul Washington Post.
Egli accusa il presidente di usare «la carica più alta del Paese per avanzare i suoi interessi politici personali» minando la sicurezza del Paese e di considerare la presidenza un «lasciapassare per fare ciò che vuole, senza doverne rendere minimamente conto».
«Sappi che non me ne andrò, non distruggerai me e la mia famiglia, e nel novembre 2020 intendo suonartele di santa ragione», scrive. «Quando è troppo è troppo», scrive Biden, accusando Trump di aver abusato della politica estera Usa «nel tentativo di trarre favori politici da vari Paesi», chiedendo «direttamente a tre governi stranieri di interferire nelle elezioni americane, compresa la Russia, uno dei nostri maggiori avversari, e la Cina, il nostro competitore più vicino».
«Ha corrotto le agenzie della sua amministrazione, incluso il Dipartimento di Stato, lo staff del consiglio nazionale per la sicurezza, il Dipartimento di Giustizia e l'ufficio del vicepresidente, per i suoi scopi politici», prosegue.
«Sappiamo anche che persone intorno a lui alla Casa Bianca hanno riconosciuto quanto profondamente fosse sbagliato e hanno fatto gli straordinari per coprire gli abusi di Trump», aggiunge. «Per fortuna qualcuno ha avuto il coraggio di denunciare», conclude, riferendosi alla talpa che denunciando la telefonata di Trump al presidente ucraino per far indagare i Biden ha fatto scattare l'indagine di impeachment.
https://globalist.it/world/2019/06/30/un-falso-sito-per-screditare-joe-biden-dietro-un-consulente-di-trump-2043614.html
Un falso sito per screditare Joe Biden: dietro un consulente di Trump
JoeBiden.info sembra all'apparenza il sito ufficiale di Biden, ma i contenuti squalificano il candidato democratico. Dietro c'è Patrick Mauldin che produsse video per la campagna del miliardario
globalist 30 giugno 2019
Fake news e disinformazione. Un po’ come succede in Italia e succede dove ci sono tutti i fascio-sovranisti che partecipano alle elezioni.
Un consulente della campagna per il 2020 di Donald Trump è dietro al sito JoeBiden.info, nel quale il vice presidente è preso in giro e ridicolizzato per le sue gaffe.
Lo riporta il New York Times, identificando il dipendente in Patrick Mauldin, produttore di video e contenuti digitali per la campagna di Trump. Il sito è simile ai troll russi usati nel 2016 e conferma i timori delle autorità per il bombardamento di disinformazione a cui saranno sottoposti gli americani nei mesi che precedono il voto.
Il sito JoeBiden.info sembra all'apparenza il sito ufficiale di Biden, ma i contenuti sono ben diversi: si ironizza sull'eccessivo toccare dell'ex vice presidente, sulle sue posizioni meno liberal di quanto pubblicizzato e sul suo passato, incluso il suo appoggio alla guerra in Iraq.
In poche parole: presentato come un mezzo pedofilo, un mezzo maniaco sessuale e un politico senza dignità.
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