Dove sta la differenza tra Trump e Salvini
Tra uno sbrasone globale e un piccolo bullo c'è la stessa distanza che esiste tra il fare e il chiacchierare
Trump è un impostore, un uomo infido, un petulante narcisista, uno
che ha come progetto permanente la divisione dell’America su linee di
guerra civile, la divisione dell’occidente e della Nato a favore di
Putin perché costa meno e rende qualcosa (“e vissero infelici perché
costava meno” è una classica battuta sul micragnoso modo di vivere di
certuni tra i piccolissimi borghesi, anche billionaire), cerca la
rottura del libero commercio internazionale per agitare il segnacolo
dell’America First a quegli ossessionati dei suoi sostenitori in un
paese da sempre ineguale, opulento e senza disoccupazione; è un
gigantesco Toninelli, dice che la Germania dipende dal gas russo per il
60 per cento, invece è il 9 per cento, forse potrebbe scambiare un
rimorchiatore per un incrociatore, e tratta i messicani come Salvini
vorrebbe trattare i neri, non un giusto processo agli ammutinati della
Guardia Costiera, gente in fuga che ha minacciato sfracelli perché non
voleva essere riconsegnata ai libici (chi non avrebbe fatto lo stesso?),
ma divieto di sbarco e “manette” garantite dal ministro dell’Interno in
cerca di uno scalpo da offrire a una base frustrata e rancorosa.
Detto questo, Trump è uno che può ridurre le tasse, deregolamentare
il sistema, rimettere in discussione il pre-nucleare iraniano, nominare
gente preparata di orientamento conservatore alla Corte Suprema. Tutte
cose interdette ai Salvini trumpeggianti, che ci prendono in giro con la
loro battaglia navale in modo grottesco, prevedibile, da parecchie
settimane, fino al divieto d’attracco alle imbarcazioni della Guardia
Costiera, una scemenza ovviamente contraddetta perfino da un ministro
dei Trasporti ignorante come un rimorchiatore, quando è troppo è troppo.
La differenza tra i due, uno sbrasone globale che mette il mondo in
pericolo e un piccolo bullo che si mette di traverso a Pontida, sta
nella congruità. Eletto presidente degli Stati Uniti, Trump è a
conoscenza dei suoi immensi poteri, e li usa nella maniera ribalda che
si sa finché glielo consenta la maggioranza del Congresso. Divenuto
ministro dell’Interno in una coalizione di opposti convergenti alla
ricerca di un potere immaginifico, popolo contro élite, il nostro Truce o
Duce o Buce fa del priapismo la sua bandiera esclusiva, copre con
l’eccitazione e pesanti pennellate di mascara una quantità di promesse
che sa di non poter mantenere, e tutto perché ha intuito ma senza
capirlo nel profondo che non c’è congruità fra la sua autorità e gli
strumenti a disposizione.
Un presidenzialista velleitario in uno stato fatto di frammenti, di
pulviscolari ostacoli all’azione, fondato sulle tecniche del rinvio e le
intermediazioni, inserito in una logica sovranazionale e
intergovernativa ferrea, legato a una moneta che il popolo ardentemente
desidera e di cui ardentemente desidera parlare male come capro
espiatorio della bassa produttività generale e dell’arte di arrangiarsi,
il Truce dovrebbe trovare la misura del suo Ego applicato al suo
status, e invece siamo già alle smentite della ministra Trenta, alle
gite di contrizione al Quirinale, a quella situazione in cui a forza di
fare il bullo si è destinati a trovare qualcuno più bullo che bulleggia a
tue spese. Senza opposizione, ciò che non si può dire di Trump,
nonostante tutto, Salvini fa l’opposizione a sé stesso con i suoi
farisaici estremismi, con le sue parole d’ordine da cortile, con i suoi
comportamenti ostili al senso minimo delle istituzioni, con i suoi
banali “lo dico da papà”, con i suoi selfie a sfavore dei miserabili di
San Ferdinando, con le sue alleanze speciali con i nemici d’Italia, con
la sua stessa sicurezza di sé così tenera e penosa, con le sue
fissazioni che sono peggio della malattia. Ci fosse un’opposizione
seria, questo trumpetto che a confronto l’originale sembra il Principe
di Machiavelli, sarebbe già a casa.
1 commento:
Ecco i troll anti Mattarella
Per capire chi ha guidato a maggio gli attacchi contro il capo dello stato non serve parlare di Russia. Basta avere memoria: i troll sono quelli al governo, e queste sono le loro firme
di Redazione
https://www.ilfoglio.it/politica/2018/08/10/news/ecco-i-troll-anti-mattarella-209611/
Tra il 27 e il 28 maggio del 2018, quando Sergio Mattarella decise di non avallare la nomina di Paolo Savona come ministro dell’Economia del governo Conte, sulla rete, e non solo, si è scatenata una campagna virale contro il capo dello stato finalizzata a delegittimare la figura del presidente della Repubblica, reo di aver fatto prevalere le sue prerogative costituzionali nella fase della nascita di un governo (il presidente della Repubblica nomina il presidente del Consiglio e, su proposta di questo, anche i ministri). Qualche giorno fa, la Procura di Roma ha affidato ai magistrati del pool anti terrorismo un’inchiesta per verificare l'origine comune di circa 400 nuovi profili nati su twitter da cui partirono migliaia di insulti e inviti alle dimissioni nei confronti di Mattarella. Del caso se ne occuperà anche il Copasir. Ma per capire chi ha ispirato quella campagna twitter è sufficiente vedere chi in quelle ore provò a mettere in stato di accusa il presidente della Repubblica. In questa pagina trovate una ricostruzione.
https://www.ilfoglio.it/politica/2018/08/10/news/ecco-i-troll-anti-mattarella-209611/
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