L'appello di Roberto Saviano: "Rompiamo il silenzio contro la menzogna"
"Perché vi nascondete? Scrittori e medici, attori e
youtuber: tutte le persone pubbliche, chiunque abbia la possibilità di parlare
a una comunità deve sentire il dovere di prendere posizione. Non abbiamo
scelta. Oggi tacere significa dire: quello che sta accadendo in questo paese mi
sta bene"
di ROBERTO SAVIANO
24 luglio 2018
L'appello di Roberto Saviano: "Rompiamo il silenzio
contro la menzogna" -
Dove siete? Perché vi
nascondete? Amici cari, scrittori, giornalisti, cantanti, blogger, intellettuali,
filosofi, drammaturghi, attori, sceneggiatori, produttori, ballerini, medici,
cuochi, stilisti, youtuber, oggi non possiamo permetterci più di essere solo
questo. Oggi le persone pubbliche, tutte le persone pubbliche, chiunque abbia
la possibilità di parlare a una comunità deve sentire il dovere di prendere
posizione. Non abbiamo scelta. Oggi tacere significa dire: quello che sta
accadendo mi sta bene. Ogni parola ha una conseguenza, certo, ma anche il
silenzio ha conseguenze, diceva Sartre. E il silenzio, oggi, è un lusso che non
possiamo permetterci. Il silenzio, oggi, è insopportabile.
Chi in questi mesi non si è ancora espresso - a fronte di chi invece lo sta facendo con coraggio - tace perché sa, come lo so io, che a chi fa il nostro lavoro parlare non conviene. Spesso sento dire o leggo: "Chi esprime il proprio pensiero lo fa per avere visibilità", ma è una visibilità che ti fa guadagnare migliaia di insulti sui social e la diffidenza di chi dovrebbe sostenere il tuo lavoro perché si sente chiamato a dar conto delle tue affermazioni. Quello che nessuno ha il coraggio di dire è che spesso si tace per non essere divisivi, perché si teme che arrivino meno proposte, meno progetti. Ma se la pensiamo così, abbiamo già perso, perché ci siamo rassegnati a non stimolare riflessioni e ad assecondare chi crede che la realtà sia riducibile a parole d'ordine come "buonista", "radical chic", "taxi del mare", "chiudiamo i porti", "un bacione", "una carezza" ed emoticon da adolescente.
Chi in questi mesi non si è ancora espresso - a fronte di chi invece lo sta facendo con coraggio - tace perché sa, come lo so io, che a chi fa il nostro lavoro parlare non conviene. Spesso sento dire o leggo: "Chi esprime il proprio pensiero lo fa per avere visibilità", ma è una visibilità che ti fa guadagnare migliaia di insulti sui social e la diffidenza di chi dovrebbe sostenere il tuo lavoro perché si sente chiamato a dar conto delle tue affermazioni. Quello che nessuno ha il coraggio di dire è che spesso si tace per non essere divisivi, perché si teme che arrivino meno proposte, meno progetti. Ma se la pensiamo così, abbiamo già perso, perché ci siamo rassegnati a non stimolare riflessioni e ad assecondare chi crede che la realtà sia riducibile a parole d'ordine come "buonista", "radical chic", "taxi del mare", "chiudiamo i porti", "un bacione", "una carezza" ed emoticon da adolescente.
Spesso si tace perché si sa che prendere posizione comporta
dividere non solo il pubblico che ti segue sui social, ma anche e soprattutto
chi dovrebbe comprare i tuoi libri, comprare i biglietti dei tuoi spettacoli,
venirti a vedere al cinema o non cambiare canale quando ti vede in televisione.
Ma davvero credete che quello che sta succedendo sia accettabile? Per quanto
tempo credete di poter sopportare ancora senza esprimere il vostro dissenso?
Con Berlusconi, in fondo, era tutto più chiaro: c'era lui e c'eravamo noi. Criticarlo portava conseguenze, reazioni forti, artiglieria di fango, ma c'era una comunità attiva, che si stringeva attorno a chi lo faceva. Prendere posizione contro Berlusconi non significava perdere share, copie, consenso. Con Berlusconi era agevole farsi capire anche Oltralpe perché il Cavaliere era in fondo la macchietta italica, un carattere riconoscibile della commedia dell'arte. Oggi non è più così e in questo governo si stenta a scorgere i germi di qualcosa di estremamente pericoloso. "Fai il tuo lavoro e basta" è il richiamo all'ordine che subisce il calciatore che esprime la sua opinione sui migranti, l'attore che indossa la maglietta rossa. E il richiamo all'ordine è già un ricatto: guadagni con il tuo lavoro, non accettiamo commenti politici da chi ha il culo al caldo.
Oggi c'è fastidio verso chi travalica i confini del proprio lavoro e del proprio ruolo per fare quello che sarebbe invece normale: controllare chi ci governa perché, anche se legittimato alle urne, non tradisca non solo il proprio mandato, ma soprattutto la nostra storia e i valori che ci hanno consentito di vivere decenni di pace. La nostra Democrazia è una Democrazia giovane e fragile, ma è prima di tutto antifascista e antirazzista.
Vi sembra che oggi questo governo si stia muovendo nel rispetto dei valori che sono alla base della nostra Costituzione? Che si stia muovendo e che stia comunicando all'interno di un perimetro di sicurezza? Non vi sembra piuttosto che i 70 anni di prosperità e pace appena trascorsi ci abbiamo resi permeabili a partiti politici xenofobi? Che ci abbiano resi disattenti se non disinteressati a vigilare su diritti che una volta acquisiti, se non li difendiamo, possono essere spazzati via da qualche post su Facebook e da una manciata di tweet?
Questo governo, in maniera maldestra ma evidentemente efficace, speculando sulle difficoltà di molti, utilizza come arma di distrazione di massa l'attacco ai migranti e alle Ong. Sta accadendo un orrore davanti al quale non si può tacere: mentre il M5S e la Lega litigano sui punti fondamentali del loro accordo, ci fanno credere che il nostro problema siano i migranti. E se mi rispondete che i governi precedenti hanno fatto altrettanto vi rispondo: non si erano spinti fino a questo punto, ma di certo hanno asfaltato la strada perché tutto questo accadesse. E se mi dite che avete votato per Lega e M5S per ribaltare il tavolo, perché era l'unico modo per mandare via una classe dirigente che aveva fallito sotto ogni profilo, vi dico: vigilate, non delegate, aprite gli occhi perché le cose si stanno mettendo male, male per tutti. Male non solo per i migranti o per le voci che dissentono, ma anche per voi.
Sant'Agostino scrive: "Se togliete la giustizia, che cos'altro sono i grandi Stati se non delle associazioni di ladri? [...] Se una di queste bande funeste si accresce con altri briganti fino al punto di occupare tutta una regione, [...] di dominare delle città, ecco che si arroga il nome di Stato". Quando la politica perde il sentiero della giustizia, si spoglia della sua carne lasciando scoperta l'ossatura banditesca. Sapete perché cito Sant'Agostino? Perché questo passaggio spiega bene come sia possibile che il potere, anche quando iniquo, anche quando ingiusto, anche quando incapace e anche quando criminale, viva indisturbato. Sapete di cosa si sostanzia l'omertà di fronte alle mafie? Se credete solo di paura vi sbagliate. Il pensiero che la protegge è questo: giudico un boss per quello che fa a me. Mi ha maltrattato? No. Ha intimidito qualcuno della mia famiglia? No. E allora per me va bene.
Allo stesso modo oggi pensare che, solo perché questo governo, per ora, non ha toccato noi personalmente - la querela a me è solo un granello se paragonata ai colpi mortali che questo governo sta infliggendo allo Stato di Diritto - e i nostri interessi, possiamo esimerci dal prendere posizione, è atteggiamento ingenuo e irresponsabile che sta legittimando scelte e comportamenti scellerati.
Questo non è uno scontro tra me e Matteo Salvini. Per me non c'è nulla di personale, sento fortissimi il dovere e la necessità di parlare per chi non ha voce. Per i seicentomila immigrati presenti in Italia che devono essere regolarizzati ora, subito, perché siano sottratti allo stato di schiavitù in cui versano. Per le Ong che hanno iniziato a fare salvataggi in mare, aiutando gli Stati europei e l'Italia a gestire un fenomeno che non può essere bloccato, ma solo ben amministrato perché è palesemente una risorsa. Quei politici che oggi si ostinano ancora a sostenere il contrario, di politica e di economia non capiscono niente e sono un pericolo per la tenuta sociale del nostro Paese che è un Paese multietnico. Fieramente multietnico.
Oggi chiedo a voi, miei concittadini, di mobilitarvi per i diritti di tutti, perché anche se a voi oggi sembra di non far parte di questi "tutti", siete già coinvolti. In nome di un presunto benessere, in nome di una maggiore sicurezza ci diranno che in fondo la libertà di espressione è una cosa da ricchi privilegiati, che parlare di diritti di chi fugge e trova inferno in terra e morte nel Mediterraneo è fare il gioco dei negrieri. Addirittura mi sento dire che con le mie critiche aiuto Salvini nei sondaggi: come sempre la colpa non è di chi appicca il fuoco, ma di chi tenta di spegnerlo. Salvini non sale nei sondaggi per colpa di chi lo critica, ma per responsabilità di chi tace e di chi mostra timidezza e timori.
La mobilitazione che vi chiedo è una mobilitazione che riguarda ciascuno di noi, parlate al vostro pubblico e non per me, che in tribunale e fuori so difendere da me le mie ragioni. Vi chiedo di mobilitarvi per difendere i diritti che a breve non ricorderete nemmeno più di aver avuto. Ci stanno facendo credere che non ne abbiamo bisogno, ma presto capiremo che più della tracotanza di questo governo, più dell'arroganza di Salvini, quello che ci sta condannando è il silenzio. La libertà d'espressione e la lotta per i diritti raccontati come "vizi" da élite contro il popolo, che invece invoca sicurezza. Ma la lotta per i diritti è sempre lotta per chi non può permetterseli e per chi spesso non può permettersi nemmeno di chiederli.
E ora voi mi direte: ma le nostre battaglie le facciamo con i nostri libri, con le nostre canzoni, con i nostri spettacoli, con la nostra ironia. È vero, è sempre stato così: ma ci sono dei momenti in cui diventa cruciale capire da che parte si sta e quindi non basta più delegare la resistenza alla propria arte. Dinanzi a menzogne che crescono incontrastate, a truppe cammellate di bugiardi di professione (al loro cospetto gli scherani di Berlusconi erano dilettanti), davanti al dolore che queste menzogne e questi bugiardi di professione provocano, abbiamo tutti il dovere di rispondere: NON È VERO!
Il solito antico scontro: l'arte che prende parte e quella che orgogliosamente disdegna l'ingaggio. La prima che si crede superiore alla seconda in nome dell'impegno e la seconda che si crede superiore alla prima perché rivendica il diritto alla purezza del disimpegno. Steccati che collassano dinanzi ai morti in mare e alle continue menzogne. Dovete parlare ai vostri lettori, ai vostri ascoltatori, a tutti coloro a cui con la vostra arte e il vostro lavoro avete curato l'anima. Abbiate fiducia in voi stessi, avete gettato le basi per essere ascoltati, non abbiate paura di dire a chi vi vuole bene che voi non state con tutto questo.
Ci sarà disorientamento all'inizio, riceverete critiche per aver rotto l'equilibrio dell'equidistanza, che però è fragile e già incrinato. Ma gli effetti virtuosi che domani avranno le vostre parole, vi ripagheranno delle reazioni scomposte degli hater oggi. Il trucco per delegittimarvi lo conoscete, quindi partite (partiamo) in vantaggio. Vi diranno: guadagni? Non puoi parlare. Era così che Mussolini trattava Matteotti prima che venisse ammazzato: sei figlio di benestanti? Non ti puoi occupare di istanze sociali. Pensateci: ma davvero siamo tornati a questo? E soprattutto, davvero stiamo accettando tutto questo? Accettiamo di essere intimiditi da questa comunicazione criminale? Dovremmo vergognarci del frutto del nostro lavoro? Accettare, come vogliono, che autentico sia solo chi tiene la testa bassa?
Scrittori, l'attacco al libro, alla conoscenza, al sapere è quotidiano. "Vai a lavorare" viene detto a chi scrive. Il primo passo di qualsiasi deriva autoritaria parte da disconoscere la fatica intellettuale, togliere alle parole la dignità di lavoro. In questo modo resta solo la propaganda. Editori, non sentite franare la terra sotto i vostri piedi? Prendete parte, non c'è salvezza nel prudente procedere. Bisogna investire casa per casa, strada per strada e conquistare lettori, ossia persone in grado di poter capire il mondo e non subirlo con le maree del rancore: la conoscenza è uno strumento preziosissimo di emancipazione dalla miseria personale, difendiamo questo strumento. Difendiamolo con tutte le nostre energie.
Tra i soccorritori di Josephine, l'unica superstite del naufragio che ha mostrato ancora una volta l'inadeguatezza della Guardia costiera libica a compiere missioni umanitarie, c'era Marc Gasol, uno dei giocatori di basket più forti del mondo, una roccia di due metri e dieci. Dite un po', cosa rispondereste a chi dice: Marc Gasol è ricco, non può occuparsi di chi soffre? Vi sembra un'obiezione plausibile, vi sembra che abbia senso o che siano i deliri di chi oggi ha paura? E allora uscite allo scoperto, oggi l'Italia ha bisogno delle vostre voci libere. Non abbiate paura di chi, più di ogni altra cosa, teme il dissenso perché non ha gli strumenti per poterlo gestire, se non in maniera autoritaria.
E un ministro della Repubblica che querela uno scrittore su carta intestata del ministero sta mettendo in atto un gesto autoritario: sta utilizzando la sua posizione per intimidire non solo me, ma anche voi. Da una parte c'è chi critica, dall'altra tutto il governo, che a oggi non ha manifestato alcun fastidio a essere strumentalizzato. Non mi fa paura la querela e non mi fa paura la solitudine. Ma voi dove siete finiti? Ricordate quando dicemmo "strozzateci tutti" a Berlusconi che avrebbe voluto strozzare chi scriveva di mafie? E ora, dove siete?
Quando ho criticato le politiche dei governi di centrosinistra mi veniva detto che diffamavo il Paese, che diffondevo disfattismo, che esponevo il fianco ai nemici della democrazia. In realtà attivare analisi e critica è il compito (direi il dovere) di chi racconta la realtà; e le sue parole vanno in soccorso della libertà, non la boicottano. Ci siamo ridotti a subire l'offesa che prendere posizione critica su questo governo sia un favore a qualche potente? A qualche interesse? Coraggio!
Ho a lungo riflettuto prima di scrivere queste righe, non vorrei pensiate che vi stia chiamando a raccolta per difendere me, ma vorrei capiste che il tempo per restare nelle retrovie è finito. Se non prenderete parte vorrà dire che quello che sta accadendo sta bene anche a voi. In tal caso a me non resterà il rimpianto di non averci provato, ma voi dovrete assumervi la responsabilità di ciò che accadrà: o complici o ribelli.
"La storia degli uomini - scrisse Vasilij Grossman in Vita e destino - non è dunque la lotta del bene che cerca di sconfiggere il male. La storia dell'uomo è la lotta del grande male che cerca di macinare il piccolo seme dell'umanità. Ma se in momenti come questo l'uomo serba qualcosa di umano, il male è destinato a soccombere". Voi siete il piccolo seme dell'umanità, senza di voi l'Italia è perduta. Allora, da che parte state?
Con Berlusconi, in fondo, era tutto più chiaro: c'era lui e c'eravamo noi. Criticarlo portava conseguenze, reazioni forti, artiglieria di fango, ma c'era una comunità attiva, che si stringeva attorno a chi lo faceva. Prendere posizione contro Berlusconi non significava perdere share, copie, consenso. Con Berlusconi era agevole farsi capire anche Oltralpe perché il Cavaliere era in fondo la macchietta italica, un carattere riconoscibile della commedia dell'arte. Oggi non è più così e in questo governo si stenta a scorgere i germi di qualcosa di estremamente pericoloso. "Fai il tuo lavoro e basta" è il richiamo all'ordine che subisce il calciatore che esprime la sua opinione sui migranti, l'attore che indossa la maglietta rossa. E il richiamo all'ordine è già un ricatto: guadagni con il tuo lavoro, non accettiamo commenti politici da chi ha il culo al caldo.
Oggi c'è fastidio verso chi travalica i confini del proprio lavoro e del proprio ruolo per fare quello che sarebbe invece normale: controllare chi ci governa perché, anche se legittimato alle urne, non tradisca non solo il proprio mandato, ma soprattutto la nostra storia e i valori che ci hanno consentito di vivere decenni di pace. La nostra Democrazia è una Democrazia giovane e fragile, ma è prima di tutto antifascista e antirazzista.
Vi sembra che oggi questo governo si stia muovendo nel rispetto dei valori che sono alla base della nostra Costituzione? Che si stia muovendo e che stia comunicando all'interno di un perimetro di sicurezza? Non vi sembra piuttosto che i 70 anni di prosperità e pace appena trascorsi ci abbiamo resi permeabili a partiti politici xenofobi? Che ci abbiano resi disattenti se non disinteressati a vigilare su diritti che una volta acquisiti, se non li difendiamo, possono essere spazzati via da qualche post su Facebook e da una manciata di tweet?
Questo governo, in maniera maldestra ma evidentemente efficace, speculando sulle difficoltà di molti, utilizza come arma di distrazione di massa l'attacco ai migranti e alle Ong. Sta accadendo un orrore davanti al quale non si può tacere: mentre il M5S e la Lega litigano sui punti fondamentali del loro accordo, ci fanno credere che il nostro problema siano i migranti. E se mi rispondete che i governi precedenti hanno fatto altrettanto vi rispondo: non si erano spinti fino a questo punto, ma di certo hanno asfaltato la strada perché tutto questo accadesse. E se mi dite che avete votato per Lega e M5S per ribaltare il tavolo, perché era l'unico modo per mandare via una classe dirigente che aveva fallito sotto ogni profilo, vi dico: vigilate, non delegate, aprite gli occhi perché le cose si stanno mettendo male, male per tutti. Male non solo per i migranti o per le voci che dissentono, ma anche per voi.
Sant'Agostino scrive: "Se togliete la giustizia, che cos'altro sono i grandi Stati se non delle associazioni di ladri? [...] Se una di queste bande funeste si accresce con altri briganti fino al punto di occupare tutta una regione, [...] di dominare delle città, ecco che si arroga il nome di Stato". Quando la politica perde il sentiero della giustizia, si spoglia della sua carne lasciando scoperta l'ossatura banditesca. Sapete perché cito Sant'Agostino? Perché questo passaggio spiega bene come sia possibile che il potere, anche quando iniquo, anche quando ingiusto, anche quando incapace e anche quando criminale, viva indisturbato. Sapete di cosa si sostanzia l'omertà di fronte alle mafie? Se credete solo di paura vi sbagliate. Il pensiero che la protegge è questo: giudico un boss per quello che fa a me. Mi ha maltrattato? No. Ha intimidito qualcuno della mia famiglia? No. E allora per me va bene.
Allo stesso modo oggi pensare che, solo perché questo governo, per ora, non ha toccato noi personalmente - la querela a me è solo un granello se paragonata ai colpi mortali che questo governo sta infliggendo allo Stato di Diritto - e i nostri interessi, possiamo esimerci dal prendere posizione, è atteggiamento ingenuo e irresponsabile che sta legittimando scelte e comportamenti scellerati.
Questo non è uno scontro tra me e Matteo Salvini. Per me non c'è nulla di personale, sento fortissimi il dovere e la necessità di parlare per chi non ha voce. Per i seicentomila immigrati presenti in Italia che devono essere regolarizzati ora, subito, perché siano sottratti allo stato di schiavitù in cui versano. Per le Ong che hanno iniziato a fare salvataggi in mare, aiutando gli Stati europei e l'Italia a gestire un fenomeno che non può essere bloccato, ma solo ben amministrato perché è palesemente una risorsa. Quei politici che oggi si ostinano ancora a sostenere il contrario, di politica e di economia non capiscono niente e sono un pericolo per la tenuta sociale del nostro Paese che è un Paese multietnico. Fieramente multietnico.
Oggi chiedo a voi, miei concittadini, di mobilitarvi per i diritti di tutti, perché anche se a voi oggi sembra di non far parte di questi "tutti", siete già coinvolti. In nome di un presunto benessere, in nome di una maggiore sicurezza ci diranno che in fondo la libertà di espressione è una cosa da ricchi privilegiati, che parlare di diritti di chi fugge e trova inferno in terra e morte nel Mediterraneo è fare il gioco dei negrieri. Addirittura mi sento dire che con le mie critiche aiuto Salvini nei sondaggi: come sempre la colpa non è di chi appicca il fuoco, ma di chi tenta di spegnerlo. Salvini non sale nei sondaggi per colpa di chi lo critica, ma per responsabilità di chi tace e di chi mostra timidezza e timori.
La mobilitazione che vi chiedo è una mobilitazione che riguarda ciascuno di noi, parlate al vostro pubblico e non per me, che in tribunale e fuori so difendere da me le mie ragioni. Vi chiedo di mobilitarvi per difendere i diritti che a breve non ricorderete nemmeno più di aver avuto. Ci stanno facendo credere che non ne abbiamo bisogno, ma presto capiremo che più della tracotanza di questo governo, più dell'arroganza di Salvini, quello che ci sta condannando è il silenzio. La libertà d'espressione e la lotta per i diritti raccontati come "vizi" da élite contro il popolo, che invece invoca sicurezza. Ma la lotta per i diritti è sempre lotta per chi non può permetterseli e per chi spesso non può permettersi nemmeno di chiederli.
E ora voi mi direte: ma le nostre battaglie le facciamo con i nostri libri, con le nostre canzoni, con i nostri spettacoli, con la nostra ironia. È vero, è sempre stato così: ma ci sono dei momenti in cui diventa cruciale capire da che parte si sta e quindi non basta più delegare la resistenza alla propria arte. Dinanzi a menzogne che crescono incontrastate, a truppe cammellate di bugiardi di professione (al loro cospetto gli scherani di Berlusconi erano dilettanti), davanti al dolore che queste menzogne e questi bugiardi di professione provocano, abbiamo tutti il dovere di rispondere: NON È VERO!
Il solito antico scontro: l'arte che prende parte e quella che orgogliosamente disdegna l'ingaggio. La prima che si crede superiore alla seconda in nome dell'impegno e la seconda che si crede superiore alla prima perché rivendica il diritto alla purezza del disimpegno. Steccati che collassano dinanzi ai morti in mare e alle continue menzogne. Dovete parlare ai vostri lettori, ai vostri ascoltatori, a tutti coloro a cui con la vostra arte e il vostro lavoro avete curato l'anima. Abbiate fiducia in voi stessi, avete gettato le basi per essere ascoltati, non abbiate paura di dire a chi vi vuole bene che voi non state con tutto questo.
Ci sarà disorientamento all'inizio, riceverete critiche per aver rotto l'equilibrio dell'equidistanza, che però è fragile e già incrinato. Ma gli effetti virtuosi che domani avranno le vostre parole, vi ripagheranno delle reazioni scomposte degli hater oggi. Il trucco per delegittimarvi lo conoscete, quindi partite (partiamo) in vantaggio. Vi diranno: guadagni? Non puoi parlare. Era così che Mussolini trattava Matteotti prima che venisse ammazzato: sei figlio di benestanti? Non ti puoi occupare di istanze sociali. Pensateci: ma davvero siamo tornati a questo? E soprattutto, davvero stiamo accettando tutto questo? Accettiamo di essere intimiditi da questa comunicazione criminale? Dovremmo vergognarci del frutto del nostro lavoro? Accettare, come vogliono, che autentico sia solo chi tiene la testa bassa?
Scrittori, l'attacco al libro, alla conoscenza, al sapere è quotidiano. "Vai a lavorare" viene detto a chi scrive. Il primo passo di qualsiasi deriva autoritaria parte da disconoscere la fatica intellettuale, togliere alle parole la dignità di lavoro. In questo modo resta solo la propaganda. Editori, non sentite franare la terra sotto i vostri piedi? Prendete parte, non c'è salvezza nel prudente procedere. Bisogna investire casa per casa, strada per strada e conquistare lettori, ossia persone in grado di poter capire il mondo e non subirlo con le maree del rancore: la conoscenza è uno strumento preziosissimo di emancipazione dalla miseria personale, difendiamo questo strumento. Difendiamolo con tutte le nostre energie.
Tra i soccorritori di Josephine, l'unica superstite del naufragio che ha mostrato ancora una volta l'inadeguatezza della Guardia costiera libica a compiere missioni umanitarie, c'era Marc Gasol, uno dei giocatori di basket più forti del mondo, una roccia di due metri e dieci. Dite un po', cosa rispondereste a chi dice: Marc Gasol è ricco, non può occuparsi di chi soffre? Vi sembra un'obiezione plausibile, vi sembra che abbia senso o che siano i deliri di chi oggi ha paura? E allora uscite allo scoperto, oggi l'Italia ha bisogno delle vostre voci libere. Non abbiate paura di chi, più di ogni altra cosa, teme il dissenso perché non ha gli strumenti per poterlo gestire, se non in maniera autoritaria.
E un ministro della Repubblica che querela uno scrittore su carta intestata del ministero sta mettendo in atto un gesto autoritario: sta utilizzando la sua posizione per intimidire non solo me, ma anche voi. Da una parte c'è chi critica, dall'altra tutto il governo, che a oggi non ha manifestato alcun fastidio a essere strumentalizzato. Non mi fa paura la querela e non mi fa paura la solitudine. Ma voi dove siete finiti? Ricordate quando dicemmo "strozzateci tutti" a Berlusconi che avrebbe voluto strozzare chi scriveva di mafie? E ora, dove siete?
Quando ho criticato le politiche dei governi di centrosinistra mi veniva detto che diffamavo il Paese, che diffondevo disfattismo, che esponevo il fianco ai nemici della democrazia. In realtà attivare analisi e critica è il compito (direi il dovere) di chi racconta la realtà; e le sue parole vanno in soccorso della libertà, non la boicottano. Ci siamo ridotti a subire l'offesa che prendere posizione critica su questo governo sia un favore a qualche potente? A qualche interesse? Coraggio!
Ho a lungo riflettuto prima di scrivere queste righe, non vorrei pensiate che vi stia chiamando a raccolta per difendere me, ma vorrei capiste che il tempo per restare nelle retrovie è finito. Se non prenderete parte vorrà dire che quello che sta accadendo sta bene anche a voi. In tal caso a me non resterà il rimpianto di non averci provato, ma voi dovrete assumervi la responsabilità di ciò che accadrà: o complici o ribelli.
"La storia degli uomini - scrisse Vasilij Grossman in Vita e destino - non è dunque la lotta del bene che cerca di sconfiggere il male. La storia dell'uomo è la lotta del grande male che cerca di macinare il piccolo seme dell'umanità. Ma se in momenti come questo l'uomo serba qualcosa di umano, il male è destinato a soccombere". Voi siete il piccolo seme dell'umanità, senza di voi l'Italia è perduta. Allora, da che parte state?
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Disperazione criminale o ideologia paranazista: Saviano e Levy
a confronto sul Califfato
L’autore di Gomorra e il filosofo francese si sono confrontati nella Sala Albertini del Corriere a 15 anni dalla morte dell’inviata Maria Grazia Cutuli
di Alessandra Muglia
La forza della disperazione di un manipolo di delinquenti ben organizzati o la potenza dell’ideologia, di un rinato nazismo mischiato alla religione. Roberto Saviano e Bernard-Henry Lévy si sono confrontati ieri sera su Isis e propaganda del Califfo al Corriere della Sera, a quindici anni esatti dalla morte di Maria Grazia Cutuli. Un incontro, ha premesso la vice direttrice Barbara Stefanelli, per «celebrare il coraggio di andare dove la terra brucia», come ha fatto anche di recente il filosofo e saggista francese appena tornato dall’Iraq, dove ha diretto il documentario «Peshmnerga», sulla linea del fronte tra Kurdistan iracheno e aree controllate dai jihadisti. Un momento di riflessione - moderato dal corrispondente da Parigi Stefano Montefiori - su come anche l’Isis abbia fatto il suo racconto di guerra, un racconto che sfida quello che siamo, le nostre vite, i nostri valori.
«La parte militarmente più protetta del Califfato sono gli studios», dove vengono girati i video della propaganda, quelli che difendono la loro potenza comunicativa, nota Saviano che cita quanto riferito da un cameramen dei jihadisti nel documentario Terror studios . «I veri territori occupati dall’Isis sono quelli dell’immaginazione» aggiunge. Una potenza dispiegata verso l’Occidente, verso i ragazzi di origine araba che vivono in Europa.
Ma è sulla «fenomenologia» della radicalizzazione che i due opinionisti si discostano. Da un lato lo scrittore napoletano che tiene l’elemento ideologico sullo sfondo e fa notare che «gran parte del business dell’Isis proviene da attività criminali» (estorsione, narcotraffico e traffico archeologico). E rileva come tutti gli attentatori «famosi» abbiano un curriculum criminale: a partire dai due fratelli di Maelbeek, a Bruxelles, che trafficavano marijuana e potevano contare sulla protezione della mafia albanese.
Per BHL la dimensione criminale spiega soltanto una parte del fenomeno: per lui prevalente è la dimensione politica, la «mentalità totalitaria che è l’ultima figlia del nazismo» che ne sta alla base. «L’archeologia dei discorsi della jihad versione Al Qaeda e Isis porta dritto ai discorsi del nazismo» osserva. «Il mondo arabo ha sempre pensato che nazismo e fascismo fossero soltanto fenomeni europei e non ha mai fatto i conti con il proprio passato», quindi non ha sviluppato anticorpi. Terzo e altro aspetto decisivo per Lévy è quello religioso. Per lui la forza dei jihadisti non è Telegram, né l’abilità militare («sono dei cattivi soldati»): «La loro forza sta nella nostra debolezza» sostiene. E spiega: «Quando entriamo in una logica di giustificazioni, e parliamo di malessere sociale...».
Quel disagio e quel nichilismo diffusi in molte periferie sono invece il punto di partenza dell’analisi di Saviano. «Per i delusi dalla democrazia, per quanti sono rimasti senza causa, al supermercato dei radicalismi è rimasto soltanto il jihadismo». La propaganda, spiega, fa leva su problemi per cui non ci sono soluzioni. Nei video propagandistici ai giovani francesi chiedono: «Che fate? Le donne non vi guardano, non siete ricchi». E cita lo scrittore Corrado Alvaro: in un mondo dove è difficile emergere con il talento fare paura è un modo per distinguersi.
Un’idra populista a due teste governa l’Italia Abbiamo bisogno del coraggio degli scrittori
Bernard-Henri Lévy
Incontro Roberto Saviano, su iniziativa della rivista La Régle du jeu, in un appartamento parigino.
Arriva, come sempre, e come in occasione del nostro ultimo incontro, l’anno scorso, a Milano, circondato dalla squadra di poliziotti che lo protegge dopo la pubblicazione, undici anni fa, di «Gomorra».
E la conversazione, ovviamente, parte da lì.
Quanto coraggio ci vuole per vivere, come già Salman Rushdie, Fernando Savater o Ayaan Hirsi Ali, così, 24 ore su 24, in allerta, con la morte alle calcagna.
Ma parliamo anche di questa «variante» situazionale che sembra una sua esclusiva e che fa sì che, di tutti gli scrittori condannati, uno dagli islamisti, l’altro dai terroristi baschi e lui dalla mafia, sia l’unico a cui il ministro dell’Interno del suo stesso Paese minaccia di ritirare la scorta - vale a dire di consegnarlo agli assassini.
Supponiamo, allora.
Se davvero accadesse, se l’idra populista a due teste che governa l’Italia prendesse questa decisione folle e letteralmente criminale, non spetterebbe all’Europa occuparsene?
Questa è la famosa «sussidiarietà» di cui ci hanno riempito le orecchie e che dovrebbe essere un principio fondante dell’Unione.
Questo è ciò che accade quando uno Stato membro consente il deterioramento dei conti delle sue banche o di quelli del Tesoro, e subentra la Banca centrale europea, con Mario Draghi.
Bene, uno scrittore è più prezioso del bilancio di una società o di una valuta.
E, per la salvaguardia di quest’ altro tesoro, non solo nazionale, ma europeo che è Roberto Saviano, in difesa dell’ europeo di cuore, di convinzione e di fatto che si è rivelato attraverso i suoi libri, per proteggere quest’uomo che, da solo, ha fatto quanto tutti i servizi segreti del continente messi insieme per liberarci dalle mafie, propongo che Mario Draghi mobiliti le forze di polizia.
L’inedita alleanza Lega-M5S
Parliamo dell’Italia in generale.
Il cataclisma europeo che incombe, secondo Saviano, non è tanto la Brexit quanto questa secessione non dichiarata che, guidata dall’inedita alleanza tra Lega e 5 Stelle, colpisce, oltre all’economia, alla finanza e altri differenziali dei tassi di interesse tra Roma e Francoforte, il cuore stesso dei valori e dell’anima europea.
Berlusconi, ovviamente, aveva dato il via.
Qui la rottura è totale
Ma qualcosa in lui non era forse rimasto oscuramente legato all’idea di una Repubblica italiana ed europea?
Mentre qui la rottura è totale.
Ingresso delle mafie, anche quando si pretende di combatterle, nel cuore dell’apparato statale.
Odio, nella componente di destra come in quella di sinistra della coalizione, tra i «bruni» della Lega come tra i 5 Stelle rosso pallido, per tutti quelli che da Giotto a Dante a Pasolini hanno reso l’Italia la vera patria dei pensatori, dei poeti e della bellezza.
E poi, la forza del contagio, della corruzione, della contaminazione virale che questo nuovo modello di governo potrebbe avere sui Paesi vicini e sugli alleati.
Perché, durante questa serata, Saviano ci racconta due cose.
Che in questa strana coppia, che in un primo momento sembrava il proverbiale matrimonio tra la carpa e il coniglio, è l’elemento di destra che si sta imponendo, soppiantando e fagocitando l’elemento di sinistra.
E che questa non è un’aberrazione, ma un paradigma che preannuncia un certo futuro: Le Pen e Mélenchon? Le posizioni di quest’ultimo sulla questione dei migranti, per esempio, sono destinate ad allinearsi con quelle della prima? E cosa succederebbe se, un domani, fosse il volto nuovo, Marion Marechal, a trovarsi di fronte a un altro giovanotto, tipo François Ruffin, che oggi è un deputato, ma di cui non si può dimenticare, ai tempi in cui ha diretto il giornale «Fakir», la torbida indulgenza nei confronti di personalità del tutto infrequentabili?
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Le eredità letterarie
E poi, naturalmente, ci si è interrogati sulla letteratura.
Perché, ed è un’altra disgrazia dei tempi e di questo stato di emergenza in cui ci hanno sprofondato in tutta Europa, i populisti, tendiamo a dimenticare che, come Savater, come Rushdie, l’autore di «Bacio Feroce» e oggi, di «Piranhas» (ndr, traduzione de «La paranza dei bambini», pubblicato da Gallimard), il suo primo romanzo, è, in primo luogo, uno scrittore.
La sua ammirazione per Malaparte e «La pelle», il suo grande affresco del dopoguerra su Napoli.
La sua rabbiosa passione per le cose e, come diceva Francis Ponge, per il loro «sottobosco tipografico».
Che non c’è poi così gran differenza, nel suo caso, tra saggio e finzione, inchiesta e romanzo, l’eredità di Kapuściński e quella di Norman Mailer.
«La paranza dei bambini»
E poi queste bande di killer ragazzini, che sono gli eroi del libro e che mi ricordano i bambini-soldati incrociati in Angola, ma anche in Sri Lanka, durante le mie inchieste sulle guerre dimenticate.
La loro crudeltà senza freni né limiti.
La loro umanità esemplare e allo stesso tempo folle, è, come ha detto Michel Foucault ciò di cui hanno bisogno i bio-poteri contemporanei per funzionare.
Il modo in cui i capi mafia, sapendo che questi piccoli uomini possono essere addestrati come animali, li mandano allo sbaraglio fino a quando, ubriachi di sangue, posseduti e espropriati, morti viventi, minacceranno di ritornare contro i loro padroni e dovranno essere sterminati.
E poi la strana fascinazione per l’islamismo e per l’Isis, che porta questi bambini disumanizzati, ridotti a macchine, assenti a se stessi, ma tutti cattolici e regolarmente comunicati, andare alla guerra urlando «Allahou Akbar!».
«Piranhas» è assolutamente da leggere, è un capolavoro.
Saviano contro Di Maio: 'Pericoloso ignorante che spesso tracima nel ridicolo'
Queste le parole di Saviano: "Il 7 ottobre 2006 la giornalista russa Anna Politkovskaja è stata uccisa a Mosca. Anna Politkovskaja era stata ripetutamente accusata dal governo di Putin di divulgare notizie false per mettere in cattiva luce lo Stato e le autorità. Il Potere russo aveva provato a screditare in ogni modo il lavoro di Anna, fino al giorno della sua scomparsa.
Ieri il Vice Premier Luigi Di Maio ha parlato, con malcelata soddisfazione, di possibili chiusure di grandi giornali italiani. Di Maio è un pericoloso ignorante (che spesso e volentieri tracima nel ridicolo, come ha spiegato molto bene Marco Travaglio nel suo ultimo editoriale).
In Di Maio l’ambizione ha ormai del tutto sovvertito ogni scala di valori. Per nostra fortuna lui e la cricca di suoi paesani, che ha voluto con sé al Ministero del Lavoro, tra non molto saranno solo un ricordo, purtroppo però con i danni che, nel frattempo, queste cavallette avranno arrecato all'Italia dovremo fare i conti a lungo.
Oggi, ripensando al sacrificio di Anna Politkovskaja, le frasi di Di Maio [VIDEO] sembrano un sinistro avvertimento, rivolto a chi sa che il proprio dovere è criticare il Potere, sopratutto quando il potere decide di autoproclamarsi interprete dello spirito del popolo".
Il ministro Salvini dà voce al pregiudicato per attaccare il sindaco di Riace
Non possiamo consolarci pensando che l'era salviniana ha avuto un inizio e avrà una sua fine. Resta la mancanza di anticorpi alle balle, alla verità capovolta e falsificata. Resta l'impossibilità di riconoscere un condannato per mafia solo sentendolo parlare in un video: siamo in emergenza democratica
di ROBERTO SAVIANO
Nelle stesse ore in cui in Rete e sui social network si ricordava l'assassinio avvenuto 12 anni fa (il 7 ottobre 2006) della giornalista russa Anna Politkovskaja, un ministro del M5S attaccava la stampa libera mentre il suo contraltare leghista, sulle sue piattaforme social, diffondeva un video in cui a criticare Mimmo Lucano, sindaco di Riace, era un uomo noto per essere stato condannato in via definitiva come prestanome di un boss di 'ndrangheta.
Il ministro degli Affari interni - quello che dovrebbe vegliare in ultima istanza sulla sicurezza dei cittadini - non solo è intervenuto contro un cittadino non colpevole fino a prova contraria, con il peso del suo essere Istituzione, ma per farlo ha opposto a Mimmo Lucano il signor Pietro Zucco, ex vicesindaco di Riace (chiaramente prima che fosse sindaco Lucano), condannato in via definitiva a 4 anni e 6 mesi di reclusione per trasferimento fraudolento di valori: secondo la Direzione distrettuale antimafia, Pietro Zucco avrebbe permesso a Vincenzo Simonetti, uomo di punta del clan Ruga-Metastasio, di continuare a gestire la cava che gli era stata sequestrata. Prima di condividere quel video, il ministro che ho definito "ministro della Mala Vita" (e io che pensavo di citare solo Salvemini...) ci avrebbe messo un attimo a verificare l'identità di chi parlava. Ma non l'ha fatto.
Probabilmente - e questo è ancora più grave - non lo ha fatto il numeroso staff che cura, a spese dei contribuenti, la sua comunicazione (tra questi brilla il nome del figlio di Marcello Foa, nuovo presidente Rai: auguri a noi!).
Forse il ministro neanche sapeva chi fosse Pietro Zucco, dato che quando è andato a rendere rispettosamente omaggio ai suoi elettori a Rosarno subito dopo le elezioni, in 27 minuti di intervento ha avuto l'ardire (o il timore...) di dedicare solo 40 secondi alla 'ndrangheta.
Matteo Salvini è pericoloso perché è una miscela, potenzialmente rovinosa per il Paese, di inadeguatezza, disinteresse reale per le dinamiche mafiose, cinismo abbinato a una sfrenata ambizione e inquietanti relazioni con esponenti della estrema destra, non solo italiana. E così accade che mentre i giornalisti da lui odiati leggono le carte delle inchieste prima di scrivere o registrare un video, citano le inchieste e verificano le fonti, il ministro si comporta come l'ultimo degli avventori del bar dello sport, e utilizza - contro cittadini che hanno democraticamente manifestato all'insegna dei valori della solidarietà e dell'accoglienza - le parole di un uomo che ha agevolato la 'ndrangheta.
Tutto ciò senza neanche chiedere scusa quando la verità è venuta fuori; senza dire "ho sbagliato e ho fatto una cosa gravissima". Ma non può farlo perché le scuse non fanno parte del format, abbasserebbero la reach, come probabilmente direbbe il piccolo Foa. Però a questo punto il ministro deve accettare che, se voluta (mentre sto scrivendo non risulta alcuna sua dichiarazione sul punto) quella mancanza di scuse può significare una sola cosa: che lui è d'accordo con Pietro Zucco; lui ha scelto da che parte stare; per Salvini le parole di una persona che ha favorito la 'ndrangheta valgono più della libera e democratica manifestazione di pensiero di tanti cittadini.
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Lo sospettavamo da molto ma non credevamo fosse in grado di rivendicarlo in questo modo. Noi abbiamo le nostre opinioni, certo, e sono opinioni di parte, scegliere è il passo necessario per ogni azione democratica ma prendiamo su di noi la responsabilità delle nostre idee.
Non creiamo false notizie, falsi video, false verità da condividere. Noi diciamo quello che pensiamo e ci mettiamo la faccia; e se ci querelano su carta intestata del ministero per farci paura, tiriamo dritto perché paura non ne abbiamo. Anzi. Siamo qui ad aspettare la prossima aggressione e ribadire ancora: non molliamo.
Non basta consolarsi pensando che Di Maio - che peraltro su questa gravissima vicenda ha osservato, assieme agli altri colonnelli del Movimento, un religioso silenzio: era questo il cambiamento? Lo sdoganamento delle parole mafiose? - probabilmente ha già fallito il suo mandato e che alle elezioni europee, nonostante minacci sovvertimenti, probabilmente non sarà neanche più in sella, dato che oramai i nemici più acerrimi ce li ha in casa. Non possiamo consolarci pensando che l'era salviniana, come tutte le cose umane, ha avuto un inizio e avrà una sua fine, perché le circostanze che hanno determinato questa situazione restano immutate.
Resta la mancanza di anticorpi alle balle, alla verità capovolta, ribaltata, falsificata. Resta l'impossibilità di riconoscere un condannato per mafia solo sentendolo parlare in un video. Resta la consapevolezza che siamo in emergenza democratica.
I social network devono dotarsi di fact checker, gli algoritmi che censurano le immagini del Duce, anche se vengono postate per esprimere una critica, non bastano più: altrimenti un giorno saranno chiamati a pagare anche loro il prezzo del tramonto delle democrazie. Ci sono social media manager di successo (ebbene sì, qualcuno ne decanta il talento) che hanno abituato i loro utenti alla coprofagia: o mettiamo un argine o diventeremo ciò di cui ci nutre il social network, cioè sterco.
“Salvini è pericoloso perché è una miscela, potenzialmente rovinosa per il paese, di inadeguatezza, disinteresse reale per le dinamiche mafiose, cinismo abbinato a una sfrenata ambizione e inquietanti relazioni con esponenti della estrema destra, non solo italiana” (R. Saviano)
Un ministro che minaccia uno scrittore. Questo é fascismo puro
E quando molti Italiano lo capiranno, si sarà andati già molto oltre.
Ora Salvini deve occuparsi dei clochard, dei cani randagi, delle cavallette. Poi, con calma, ci sarebbero gli amici evasori, la flat per i ricchi, e i condoni per i momentaneamente pentiti. Mentre invece i 20 cent. sul carburante promessi nei primi sette giorni ai ricchi non interessano.
Intanto che Salvini si fa una brillante propaganda mostrando i denti sulla questione immigrazione, qualcuno gli ha spiegato che al ministro degli interni compete innanzitutto la lotta alla criminalità, alla mafia, alla camorra e malavitosi vari di pura razza italiana (ahinoi) ? Oppure la pacchia che dichiara finita per gli immigrati, intanto è cominciata per i delinquenti di casa nostra?
Saviano ha perfettamente ragione. Esaltare la bravura di Salvini, come a volte fanno i suoi stessi avversari, è una sciocchezza. Salvini non studia le questioni, come nello scivolone sul censimento dei Rom, non conosce i problemi di sicurezza interna, non lavora. Salvini non è un Ministro dell’Interno, ma è il Ministro della Propaganda, novello Minculpop. Capace solo di acquisire il consenso facile, applicando le ricette eterne dei dittatori, a partire da Hitler. Cercare il consenso con questi metodi non è bravura per un politico di una società occidentale avanzata, è solo disonestà. Mi fa male pensare che per Hanna Arendt l’agire genuinamente politico deve avere “sempre e dovunque a che fare con il chiarimento e la dissipazione di pregiudizi” perché “il pensiero politico si fonda essenzialmente sul giudizio”. Siamo agli antipodi !!
Hitler riuscì a convincere i tedeschi che gli ebrei erano la causa di tutti i loro mali. I problemi di un paese dipendono dalla sua struttura economico-sociale, dalla diseguaglianza profonda tra la parte più ricca e quella più povera: questa diseguaglianza Salvini la peggiorerà con la Flat Tax, anche se le statistiche dicono che il 10% della popolazione italiana detiene il 50% della ricchezza privata, e dicono che la ricchezza privata media italiana è al terzo posto tra le più alte al mondo. Quel 10% più ricco sarà ulteriormente premiato. Ma Salvini indica agli italiani un altro nemico (i Rom, i migranti), perché sa che questo espediente funziona sempre e dovunque, e distoglie così gli italiani dai veri problemi
La bocca si può lavare, la coscienza sporca no. Quando uno ricatta la sua coscienza diventa più nera del nero fascista, si scende allo stesso livello dei mafiosetti, si dimostra di essere dei codardi perché si ha paura del dissenso. Avete solo il 17% dei voti e governate grazie, chiamiamola così, all'ingenuità dei 5S, quindi anche se abbiamo perso abbiamo diritto di parlare esattamente come voi, anzi, mi risulta che il PD abbia più voti dei tuoi. Torna ad indossare il tuo elmo cornuto, vestiti di pelle di capra e vai a tracannare birra sui pratoni di pontida, tra un rutto e l'altro e una bella russata digestiva potrai sognare la tacitazione del PD e delle voci dissidenti.
Col 17% però si può sparare qualsiasi fanfaronata in TV, Radio, social, sms, comizi... A proposito quando è che fa il ministro?
La risposta è mai è il risultato per ora è che gli sbarchi sono aumentati 80 persone al giorno di media e con Salvini 120, niente male il 150% in più mandando mezza flotta della guardia costiera in Spagna, a proposito visto che era un viaggio di piacere ora la crociera di lusso gliela abbiamo offerta noi.
I 5 stelle sono scomparsi.
Parla solo di Salvini.
E' lui il vero Presidente del Consiglio.
Il Governo, in Italia, è Salvini.
Spero che i grillini si nascondano per la VERGOGNA di aver fatto questo bel "regalo" al nostro Paese.
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