Il Blog delle malefatte sindacali a Malpensa (e non solo)

mercoledì 9 giugno 2010

Marchisio ladrone?

(post tratto dal blog gemello tifoasroma.blogspot.com)
La Lega Ladrona e la sua subcultura hanno evidentemente fatto scuola in tutti i campi. Anche in quelli da gioco. Checchè (non) dicano il suo procuratore, Abete, Lippi e tutti i corifei marchettari del regime radiotelevisivo, la frase incriminata c'è stata e si vede bene (questo è il video su youtube, peraltro quello presente al link originario risulta invece rimosso...). E del resto, che la dica si può intuire anche dai sorrisetti complici dei degni compagni che gli stanno accanto... Comunque la cosa non farà nessuno scandalo (e infatti non l'ha fatto e ci si è premuniti da subito che non lo facesse): ormai insultare Roma e i Romani è diventata una specie di tappa obbligata di chi vuole fare carriera in qualsiasi ambito. Immaginatevi solo, a parte invertite, cosa sarebbe potuto accadere se ci fossero stati Totti o de Rossi a insultare chicchessia e a storpiare l'inno: come minimo c'era da attendersi un d.a.spo. da Maroni e un messaggio alle camere da parte di Napolitano... Anche questa è l'Italia che evidentemente ci meritiamo.
Di seguito l'ottimo editoriale di Carmine Fotia su il Romanista.

CI SIAMO ROTTI I COJONI
di Carmine Fotia - 07-06-2010
Nell’estate del 1968 sul podio olimpico di Mexico City, l’atleta afroamericano Tommie Smith, che aveva trionfato nei 200 metri con il tempo record di 19.83 secondi, e il suo compagno John Carlos, che aveva conquistato il bronzo, levarono il pugno guantato di nero verso il cielo e abbassarono lo sguardo mentre si alzava la bandiera americana. Una protesta, la loro, in difesa dei diritti civili dei neri americani - era stato da poco assassinato il leader non violento del movimento, Martin Luther King. Per quel gesto che è rimasto nella storia, furono accusati di vilipendio alla bandiera, vennero espulsi dalla squadra nazionale e banditi dal villaggio olimpico. Faccio questa premessa per dire che conosco bene i gesti simbolici nello sport e so che la bandiera e gli inni nazionali possono essere criticati in nome di valori più grandi, di libertà conculcate, perchè nessuna bandiera e nessun inno posso valere più dei diritti universali dell’uomo. E scusate se sono partito così "alto" per dover poi precipitare a parlare del gesto compiuto da un mediocre giocatore della nostra nazionale di calcio di cui faccio persino fatica a rammentare il nome che, cantando l’inno nazionale nella partita amichevole contro la Svizzera, ha inserito lo slogan leghista "Roma ladrona".
Orbene, il punto è proprio questo, che non l’ha fatto a testa alta e per sostenere una causa così grande da giustificare l’oltraggio. No, l’ha fatto alla chetichella, e nessuno se ne sarebbe accorto se non esistesse Internet. Un internauta romanista - pare - ha passato al setaccio il video e ha messo in rete il labiale di…oddio come si chiama…Marchiccio...no? - va beh, il nome mi verrà - dal quale si evince chiaramente che ha detto "Roma ladrona". L’ha detto così, come una battuta goliardica. Uno sfregio. E allora non ci sto. I simboli possono essere contestati, anche quelli dell’unità nazionale, se si vuole dire qualcosa di importante, qualcosa per cui valga la pena offendere il sentimento dei tanti che amano la nostra bandiere e il nostro inno, per quanto bruttino possa essere. E allora ci si assume la responsabilità di contestare a viso aperto, spiegando perché e assumendosi le responsabilità delle conseguenze, ed io difenderei il diritto di chiunque a farlo. Come ho difeso Daniele De Rossi quando - assumendosene la responsabilità - ha criticato certi "eccessi" violenti della polizia nei confronti dei tifosi.
Ma in questo caso siamo di fronte al gesto di un ragazzino sciocco, da uno che non ha ancora fatto nulla che ci consenta di ricordarne il nome. L’ha fatto così, come quando si fa un peto in una stanza chiusa, per vedere l’effetto che fa. Solo che stavolta la puzza non ha provocato facce disgustate ma, come si vede dal video, l’espressione beota dei due compagni di squadra che stavano a fianco del petomane e che, avendo perfettamente udito l’insulto, ridevano divertiti. Lo dico con lo stesso linguaggio: ladrona a chi? E aggiungo che noi qui a Roma ci siamo proprio rotti i cojoni. Possiamo ricordare che nell’ultima finanziaria sono stati scippati alla città 300 milioni di euro che saranno interamente pagati da noi cittadini romani con meno servizi, aumento delle tariffe, strade sporche e piene di buche? Possiamo ricordare che, per restare al campo dello sport, attendiamo ancora che la nostra squadra possa avere il permesso per realizzare un nuovo e moderno stadio tutto suo, come avviene nei paesi più avanzati? Possiamo ricordare che a livello di sviluppo economico la nostra città ha spesso e volentieri superato le grandi città del nord? Che, se guardiamo ai bilanci, l’As Roma è la società più sana d’Italia e una delle prime nel mondo?
E poi, tutti i principali scandali degli ultimi anni: Tangentopoli, Calciopoli, spionaggio Telecom, sono nati e cresciuti al nord. E i soldi della mafia, sono certamente investiti a Milano ben più che a Roma. Il fatto è che su Roma, e sulla Roma (vedi il trattamento riservato a Totti e a De Rossi) si riversa la critica totalmente condivisibile verso la politica delle cricche e degli affari, di cui Roma è la prima vittima. Anche perché ha una classe dirigente di governo prona ai voleri leghisti e un’opposizione che sembra reclamare un posto nella spartizione del potere e degli affari più che rappresentare un’alternativa. E’ grave che un ragazzino irresponsabile possa sputare così su quel poco che ancora tiene unito questo paese, è un segno del degrado morale cui siamo ridotti. Del resto cosa possiamo aspettarci se il ministro degli interni - così pronto a redarguire De Rossi in nome dei valori della legalità - poi diserta la festa dell’unità repubblicana? Per fortuna c’è il capo dello stato a ricordarci cosa vuol dire essere una nazione. Per fortuna c’è Francesca Schiavone che ci fa sentire orgogliosi di essere italiani.
Lippi dice di volersi ispirare a lei. Magari può cominciare chiedendo ai due romani Daniele De Rossi e a Simone Pepe, di insegnare a tutti le parole vere del nostro inno nazionale. Ah, ecco, mi sovviene il nome del petomane: Marchisio. Marchisio chi?
P.S.: In serata una smentita che non smentisce nulla: "Nessuna frase offensiva, ero fuori tempo". A parte che il labiale dice altro, ma perchè Marchisiochi? ha atteso tanto a precisare? E infine: se non avesse detto nulla, di che cosa ridevano i compagni che gli stavano vicino?

mercoledì 12 maggio 2010

UK all'italiana?

I Lib-dem britannici sono un partito per molti veri apprezzabile e con molte idee interessanti e condivisibili, sia in politica interna (economia e libertà civili), sia in politica estera ed europea. Ma la loro più che decennale insistenza sul ricatto proporzionalistico (pongono l'imposizione della sempre deleteria legge elettorale proporzionale come precondizione per qualunue collaborazione parlamentare e di governo) - oltre a precludere loro parecchi ulteriori consensi e voti di elettori saggi e timorosi per le sorti generali del Paese - ne fa automaticamente (e nonostante tutto) i "Mastella" del Regno Unito, facendoli a ragion veduta apparire come dei ricattatori che antepongono un loro (supposto, peraltro) interesse di parte e di fazione all'interesse generale, costi quel che costi (manco fossero una Lega Ladrona qualsiasi).
Qui segnalo una delle rare lucide analisi politiche che mi è capitato di leggere sulla situazione postelettorale britannica e sulle prospettive future, alla luce dei risultati elettorali e di quanto detto sopra :

Questi i passaggi salienti e il giudizio di fondo:
[...] La democrazia britannica non si merita tanto: queste elezioni non hanno dato un vero e proprio vincitore ma neppure un unico vero e proprio perdente. C’è la recessione, la Grecia, la disoccupazione. Bisogna governare. E invece si negozia: tra Tory e Libdem, tra Libdem e Labour.
[...] La trattativa tra Tory e Libdem – cominciata venerdì e trascinatasi sino a lunedì, con il coup de théâtre di Gordon Brown – ha infatti svelato in tutta la sua limpida perversione il meccanismo negoziale tipico dei sistemi politici coalizionali europei. Sapete, le dichiarazioni di questo e le puntualizzazioni di quello, i pizzini del deputato Tizio, e il ricatto morale del militante Caio. Spettacolo indecoroso. Tant’è che uno degli argomenti più gettonati tra i britannici oppositori del proporzionale, in questi giorni, è: “ma guardate come ci siamo ridotti, sembriamo l’Italia!”.
Nemesi interessante per Nick Clegg: pur senza cambiare sistema elettorale, ha mostrato alla Gran Bretagna cosa possano significare i termini “coalizione” o “proporzionale” e quanto quei democratici costrutti facciano a pugni con il principio esimio della democrazia nazionale: chi vince governa.
Il negoziato ha logorato la leadership di Cameron e rafforzato le istanze più radicali dei due primi attori della trattativa (sono persino scesi in piazza dei fanatici del proporzionale, a ricordare a Clegg, mentre quello negozia con i Tory, acerrimi nemici di qualunque riforma, che la priorità Libdem è appunto la riforma elettorale!).

Ed il risultato probabile, alla fine di queste estenuanti contrattazioni, sarà la meno democratica delle soluzioni: una "coalition of losers" o, per dirla con Gordon Brown, a progressive coalition of government [...]
[...] il sistema proporzionale che loro (i Libdem, ndr) sostengono prevede che ad ogni elezione si ripeta l’estenuante rituale che è andato in onda in questi giorni, e di cui nessuno può francamente dirsi happy.
[...] Certo, è appassionante seguire la British next government saga, con i suoi retroscena, i suoi colpi di scena, le sue scenette di compassata gravità. Ma la farsa è bella se dura poco. Non è questa la democrazia britannica. Questa è una versione civile dell’italico, caotico ordine delle cose!  Guardate, basta dare un occhio alla composizione del nuovo parlamento britannico per capire che loro non sono ancora pronti per essere come noi. Le minoranze etniche, ad esempio, sono rappresentate da 26 MPs, 12 in più del precedente parlamento, mentre con le 139 deputate appena elette il nuovo parlamento tocca il record di presenze femminili.[...] Rispetto alla distribuzione delle costituency inglesi si osserva inoltre come, a parità di connotati socio-economici, l’affermazione di un partito piuttosto che un altro in un dato territorio sia indipendente da quello che il partito fa a livello nazionale: vince il candidato che si presenta localmente come il più rappresentativo, segno che il buon vecchio First Pass the Post permette ancora di onorare quella magnifica virtù del maggioritario britannico che è l’accountability di un parlamentare rispetto alla sua comunità.
Che sia una parentesi, questa hung experience, come lo fu nel 78? Lo speriamo, per il bene loro e per il bene nostro[...].

venerdì 30 aprile 2010

Canaglie atomiche

Mentre in Italia si dedica al (ri)acquisto di parlamentari finiani, quello che ormai sembra proporsi anche come una sorta di Amadinejad italiano ha deciso di legare la sua inarrestabile corsa al nucleare ai rapporti più o meno loschi con i suoi prediletti governi-canaglia, Putin, Gheddafi, e il bielorussio Lukashenko (manca il Vaticano, ma evidentemente quest'ultimo per il momento non coltiva aspirazioni nucleari).
In particolare, con Putin già siamo al solito accordo interpersonale e più o meno "segreto" per la fornitura (oltre che di mignotte e accessori annessi) di "tecnologia". Tecnologia sicura magari "made in Chernobyl", meglio di così...
E - garantisce Berlusconi - poco male se ancora gli italiani non sono d'accordo: attraverso le televisioni preannuncia una "campagna di convincimento", in particolare una campagna di spot sulla tv pubblica. La quale evidentemente non è deputata a fare "informazione" ma "convincimento", per lui che già annuncia una campagna destinata a durare un anno.
Così siamo ridotti, ora siamo pure al totalitarismo atomico in salsa non iraniana ma italiana, con ciò mandando naturalmente (e letteralmente) "a puttane", in poche mosse sempre più dirompenti e decisive tanto quanto sottovalutate dall'opinione pubblica, alleanze storiche con paesi e governi democratici, a cominciare dagli Stati Uniti.
Ma del resto, ormai, nessuna meraviglia. Se si invita Putin (già capo del kgb e attuale autocrate di tutte le russie e modello prediletto per il Nostro) a tenere lezioni a scuole intitolate al "pensiero liberale", suona a questo punto perfino normale pensare (e dichiarare) che le televisioni debbano fare non "informazione" ma "convincimento". E infatti è quello che fanno in Italia più o meno da sempre.
E adesso a quando un bell'accordo per la fornitura privilegiata di tecnologia atomica alla Libia di Gheddafi?

venerdì 26 marzo 2010

Il Merlo parlante

Uno straordinario articolo (come spesso gli capita) di F. Merlo descrive alla perfezione il degrado dell'etica privata e pubblica in un'Italia sempre più clericale e a tutti i livelli devastata dall'ipocrisia (privata e pubblica ormai anch'essa) e dalla doppia morale dei potenti, delle caste, del clero, e anche di tanti cittadini. E lo fa con il piglio e il rigore del vero moralista, nel senso della grande tradizione laica e civile di chi smonta i luoghi comuni con argomentazioni incardinate sui fatti e non - per intenderci - nel senso di chi deve (a spese della libertà degli altri, e spesso anche dell'altrui portafoglio) proclamare "valori" come ipocrita strumento di copertura o di corrispettivo (soprattutto quando tali "valori" si rivelano particolarmente materiali...) di marchette vaticane (e non).
L'articolo risale ad alcuni giorni fa, ma è di tale respiro e lucidità di vedute che la sua lettura apparirà tristemente fresca di giornata oggi e probabilmente anche domani e dopodomani... Memorabile.

Corruzione e devozione
di F. Merlo - La Repubblica - 6 marzo 2010

A metterli uno appresso all'altro, i crimini italiani, i peggiori crimini, più che fascicoli giudiziari sembrano grani di rosario.
Più che una giurisprudenza compongono una confraternita. Dalla corruzione nello Stato alla mafia, dallo sfruttamento della prostituzione alle scalate dei banchieri devoti, in Italia sembra esserci, tra Cristo e Barabba, lo stretto rapporto che c' è tra asole e bottoni. Questo legame, inquietante per tutti ma offensivo soprattutto per chi davvero ha Fede, è diventato persino grottesco nella terribile inchiesta sulla Protezione civile. Al punto che «la cricca», oltre che agli avvocati, dovrebbe essere affidata ad una squadra di teologi. E proviamo a fare il riassunto senza faziosità laica o, per essere alla moda, laicista: pone Domine custodiam ori meo, poni o Signore una custodia alla mia bocca.
Dov' erano nascosti i fondi neri, il bottino, dell' imprenditore Anemone? In casa del prete, del suo direttore di coscienza don Evaldo Biasini, dietro un quadro sacro.
E qualè l' altissima onorificenza del superfunzionario corrotto Angelo Balducci? Gentiluomo di Sua Santità.
Dove cantava il giovane nigeriano Chinedu Thomas Eihem, prostituto e procacciatore di prostituti? Nel coro di San Pietro.
Dove arriva la telefonata per concordare le prestazioni del cubano, dei due neri, del tedesco, del calciatore e del ballerino? Nel palazzo barocco, realizzato dal Borromini, della Propaganda Fide, e più precisamente nella residenza privata di Sua Eminenza il cardinale...
Cosa risponde il pio Balducci quando gli propongono un incontro bollente? «No. Alle 5 devo vedere Monsignor Paglia». Ma subito ci ripensa: «Possiamo anticipare. Io prima passerei da te e poi vado da Monsignor Paglia. Mezz' ora sola». Monsignor Paglia, certamente ignaro di tutto,è un vescovo molto stimato, presidente della Commissione episcopale sull' ecumenismo: vicina sunt vitia virtutibus, i vizi sono vicini alle virtù.
E dove lo raggiunge il prostituto per consumare? «In seminario».
E da dove parte ? «Dal Pontificio collegio Pio Brasiliano» che è la celebrata scuola per sacerdoti gesuiti.
Perché è staccato il telefono del bel calabrese? «Gli ho mandato anche un messaggio. Ma non risponde. Forse è a Messa».
Come fa il lenonea illustrare la qualità della ' merce' ? «Ci avrà 15 centimetri, occhi azzurri, è un Cristo di due metri».
Ad inquietarci qui non è la solita antica e spesso presunta scostumatezza vaticana né i sentori di una segreta vita debosciata nel cuore della Curia romana. Questa insomma non è letteratura, non è la versione aggiornata dei Sotterranei di Gide, delle scelleratezze dei Borgia, degli eccessi denunziati dalla poesia di Dante Alighieri. Qui c' è qualcosa di diverso e forse di irreversibile. E' la devozione altissima dei banchieri Fiorani e Fazio, divisi tra il latinorum degli studi su san Tommaso e i furbetti der quartierino; sono gli altarini nei covi dei mafiosi, le madonne di Totò Riina e Bernardo Provenzano; sono i camorristi che pregano e uccidono, i calabresi che a Duisburg baciano il crocifisso e sparano, i finanzieri d' assalto che studiano le Sacre Scritture ed evocano Sodoma e Gomorra. È don Biasini appunto, economo, come ha raccontato ieri Francesco Viviano, della Congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue di Gesù, gente che porta soldi in Africa e certamente subordina l' etica del danaro al cattolicesimo dei valori, sentendosi probabilmente irreprensibile dal punto di vista della propria morale: vita spartana e custodia delle tangenti, adorazione del Sangue di Cristo e bancomat della corruzione, «dimmi quanto ti serve e li vado a prendere»; riti, evangelizzazione, una coroncina con i grani rossi, le attese dei poveri, le lacrime dei sofferenti, le speranze dei popoli e... il riciclaggio del danaro sporco. Don Biasini secondo i Pm è il fornitore dei 50mila euro che Balducci avrebbe voluto dare a Bertolaso «senti don Evà, scusa se ti scoccio...». Evidentemente pensa, questo giovane missionario, che Dio sia Italiano, che ami soprattutto i peccatori e, molto più che sulla virtù, punti, per salvare le anime, sul pentimento...
È difficile trovare un criminale italiano che non esibisca timor di Dio, che non scriva lettere di perdono, che non frequenti i ministri del culto. Non ho alcuna spiegazione da fornire, non ho intenzioni di lanciarmi in una trattazione storica e teologica, né di citare Manzoni o magari Padre Pio, il Risorgimento e il Concordato o il tempo nel quale si tappavano le vergogne alla Venere del Botticelli. Di sicuro la cronaca non registra criminali che esibiscono con la stessa sfacciataggine una militanza nella morale laica, quella del rigore per le regole collettive e della tolleranza generosa ma severa, la dolorosa libertà di scegliere l' aborto, l' amore tra i gay, il sesso come espressione di un sentimento non eterno, la possibilità di sciogliere una pessima famiglia e ritentare, il difficile rapporto privato con Dio che è tipico di tuttii poveri diavoli del mondo...
Alla fine dunque vorrei solo far riflettere sull' incontestabile rapporto che c' è in Italia tra Cristo e Barabba, e sulla coscienza, che immagino disperata in prigione, del gentiluomo di Sua Santità a capo di una associazione a delinquere, abituato a commettere delitti di ogni genere e a invocare il divino perdono nei vestiboli, nei sacrari, nei refettori, nei sentieri tra le celle di un Paese dove la rispettabilità cattolica è garantita dall' ipocrisia.
Come quella della Federcalcio che coltiva lo sport più violento e incivile (e corrotto) del mondo ma squalifica il bestemmiatore sui campi, e ha persino inventato la nuova professione del cacciatore di bestemmie, ispettore autorizzato, apostolico indulto per concessione pontificia, a leggere le labbra, a interpretare le labiali, e dunque a sospendere l' allenatore del Chievo Domenico Di Carlo ma ad assolvere due calciatori che non avrebbero imprecato contro Dio ma contro Diaz e contro Zio perché sapiens verbis innotescit paucis, l' uomo savio si fa riconoscere da poche parole, come è scritto nella regola benedettina, cara ad ogni Gentiluomo di Sua Santità.
http://newrassegna.camera.it/chiosco_new/pagweb/immagineFrame.asp?comeFrom=search&currentArticle=QAYZ1

sabato 6 marzo 2010

L'indecenza dei golpisti

Ed eccolo che alla fine (e dopo neanche tanta attesa) è arrivato, di notte come da migliore tradizione malavitosa, il colpetto di stato definitivo (o definitivamente rivelatore). La sanzione che, in questo paese, stato di diritto e democrazia sono lettera morta e che leggi, regole e procedure non valgono per il potere e per i potenti.
Il golpe partitocratico promosso da una maggioranza letteralmente fuori-legge si configura questa volta come una leggina (anzi, un decretino-legge detto "interpretativo" per meglio fornire una foglia di fico alla presidenza della repubblica e alla parte più connivente della non-opposizione partitocratica) non "ad personam" ma "ad listam" e in ogni caso sempre e comunque "ad potentes" e "ad praepotentes". Il tutto preparato dal solito tam-tam mediatico e da minacce non velate (si veda la macchietta sudamericaneggiante del ministro della Difesa con delega ai talk-show...) condite da ripetuti appelli ad eversive mobilitazioni di piazza, peraltro rivelatesi clamorosi fiaschi in termini numerici nonostante le convocazioni diramate ripetutamente da tutti i telegiornali del gruppo Rai-Set. E alimentato dalla solita retorica populista e di convenienza, da quello che A. Sofri ha ben qualificato come "vittimismo di maggioranza" (natura profonda del berlusconismo e prediletta copertura della sua realissima matrice partitocratica), allo scopo di "legittimare" lo stravolgimento delle regole messo in atto dal potere per il potere, per risolvere il c.d. "pasticcio delle liste"che altro non è, invece, che il "frutto misto di un'insipienza gonfiata dall'abitudine a fottersene e farla franca, affare di gruppi dirigenti che se la sono cercata".
Il punto è che la democrazia, come ripetono da una vita E. Bonino e i Radicali, non può fondarsi sul privilegio di violare la legge da parte del potere; la democrazia esiste solo se esiste stato di diritto, cioè se il potere è sottoposto esso in primo luogo alle regole, e almeno a quelle regole che esso stesso si è dato. Ma questo non è certo un paese (a proposito, la "p" minuscola è voluta perché meritata e doverosa) dove le regole sono uguali per tutti: lo si sapeva, ed ora c'è la conferma. In nome di una democrazia sbandierata come fondata sul diritto della forza invece che sulla forza del diritto, ma che in realtà non può esistere se privata della sua forma, arriva un atto eversivo che questa volta appare come un vero e proprio golpe, per modi, tempi e contenuti. Dopo aver cercato invano di farlo prima (secondo tipica consuetudine partitocratica) e non esserci riusciti o per incapacità (per inciso: come si può pretendere di governare una regione se non si è capaci nemmeno di presentare correttamente una lista?) o perché colti con le mani nel sacco, i Pataccari delle Leggine (P.d.L.) truccano le carte a partita elettorale in corso con un decreto che definiscono "interpretativo" ma che in realtà è una vera e propria truffa, con cui per legge si rende lecito tutto ciò che fino ad ora era illecito, e le carte false, le carte truccate o addirittura le carte inesistenti perché non falsificate in tempo (v. Lazio) diventano carte valide e, magari, addirittura carte vincenti. Può esserci una partita più truccata di così? E a quando un "decreto interpretativo" per stabilire, magari, chi ha vinto e chi ha perso le elezioni?

lunedì 8 febbraio 2010

Endorsement 4 Emma

Questo non è solo un endorsement, è un endorsement entusiastico.
Questo blog invita con grande convinzione a votare Emma Bonino nell'elezione a governatore della Regione Lazio.



http://www.boninopannella.it/

Il fatto che la sua avversaria, poi, sia una sindacalista rende ancora più chiaro il senso dello scontro in campo. E non a caso, infatti, R. Polverini è sostenuta da tutti i poteri forti locali e non: burocrazie sindacali, pezzi peggiori della partitocrazia locale, palazzinari romani e laziali e loro giornali (a cominciare dall'Unione Democristiani Caltagironisti, UDC), sette neofasciste varie, lobby della sanità privata pagata con denaro pubblico (a cominciare dal plurinquisito boss delle cliniche Angelucci & co., nonché senatore del PdL oltre che proprietario di giornali e di altri organi di informazione e di lobbying trasversale...), e naturalmente - e come poteva mancare? - Vaticano con in prima linea la parte più prepotente del potere clericale e simoniaco della CEI (Ruini e i suoi eredi, per intenderci), ebbene tutti costoro stanno con R. Polverini (già ampiamente fagocitata dalla loro macchina di potere) ma soprattutto stanno e agiscono contro E. Bonino e quello che rappresenta e a cui potrebbe dar corpo nel caso di una sua elezione al governo della Regione Lazio.
Serve altro per votarla, sostenerla e sperare che vinca?

venerdì 5 febbraio 2010

Licenza di sparare (cazzate)

L'ultima paradossale sparata della Lega nord: il permesso di soggiorno a punti. Per avere e conservare il quale gli immigrati regolari dovrebbero ad es. dimostrare di conoscere l'italiano e istruire i figli (salvo poi cercare di rendergli difficoltoso l'inserimento di questi ultimi nelle classi con paletti vari).
Neanche sarebbe sbagliato, se però si trattasse - come avviene in molti paesi più avanzati del nostro - di un percorso di integrazione civile da concludere con l'attribuzione della cittadinanzza, e non piuttosto di un'ennesima trovata vessatoria.
Ma la domanda che viene in mente è un'altra: se il requisito sarà conoscere la lingua italiana e avere figli istruiti... ebbene, chi glielo dice a Bossi?

Montezemolo: la Fiat? Mai ricevuto un euro dallo Stato.

Senza parole! Per questo post direi che basta solo il titolo. E comunque in effetti un fondo di realtà può esserci: il grosso del malloppo lo hannno storicamente ricevuto in lire, non tanto (ancora?) in euro.

venerdì 29 gennaio 2010

lettere italiane -1

Ricevo e pubblico una lettera da un paese sempre meno immaginario e sempre più inquietante:
Salve, sono un cittadino dell´Italianistan.
Vivo a Milano Due in un palazzo costruito dal Presidente del Consiglio. Lavoro a Milano in una azienda di cui è mero azionista il Presidente del Consiglio. Anche l´assicurazione dell´auto con cui mi reco a lavoro è del Presidente del Consiglio, come del Presidente del Consiglio è l´assicurazione che gestisce la mia previdenza integrativa.
Mi fermo tutte le mattine a comprare il giornale, di cui è proprietario il Presidente del Consiglio.
Quando devo andare in banca, vado in quella del Presidente del Consiglio.
Al pomeriggio, esco dal lavoro e vado a far spesa in un ipermercato del Presidente del Consiglio, dove compro prodotti realizzati da aziende partecipate dal Presidente del Consiglio. Alla sera, se decido di andare al cinema, vado in una sala del circuito di proprietà del Presidente del Consiglio e guardo un film prodotto e distribuito da una società del Presidente del Consiglio (questi film godono anche di finanziamenti pubblici elargiti dal governo presieduto dal Presidente del Consiglio).
Se invece la sera rimango a casa, spesso guardo la TV del Presidente del Consiglio, con decoder prodotto da società del Presidente del Consiglio, dove i film realizzati da società del Presidente del Consiglio sono continuamente interrotti da spot realizzati dall´agenzia pubblicitaria del Presidente del Consiglio.
Soprattutto guardo i risultati delle partite, perché faccio il tifo per la squadra di cui il Presidente del Consiglio è proprietario.
Quando non guardo la TV del Presidente del Consiglio, guardo la RAI, i cui dirigenti sono stati nominati dai parlamentari che il Presidente del Consiglio ha fatto e leggere. Allora mi stufo e vado a navigare un po´ in internet, con provider del Presidente del Consiglio.
Se però non ho proprio voglia di TV o di navigare in internet, leggo un libro, la cui casa editrice è di proprietà del Presidente del Consiglio.
Naturalmente, come in tutti i paesi democratici e liberali, anche in Italianistan è il Presidente del Consiglio che predispone le leggi che vengono approvate da un Parlamento dove molti dei deputati della maggioranza sono dipendenti ed avvocati del Presidente del Consiglio, che governa nel mio esclusivo interesse!

venerdì 22 gennaio 2010

L'ennesimo pretesto

Eccoli che puntualmente ci riprovano. A imbavagliare un pò la rete. Ogni pretesto è buono.
Ce lo spiega bene un articolo pubblicato dal sito http://www.oltrelinux.com/ (collegato alla storica rivista Linux & C.), di cui è interessante in particolare la prima parte.
Internet non è un luogo diverso
(pubblicato martedì 19 gen 2010 da P. Tassone)

Internet era tra le tre famose I del quarto Governo Berlusconi, insieme ad Impresa ed Inglese. E’ sopraggiunta la crisi e gli 800 milioni promessi per l’infrastruttura, per cercare di portare la banda larga un po’ ovunque, hanno dovuto cedere il passo ad investimenti più importanti. Niente banda da 2 Mbit garantita per tutte le famiglie, come aveva garantito il ministro Brunetta e niente di fatto anche per quei 50 o 60 mila nuovi assunti che – si stima – avrebbero trovato lavoro nell’indotto.
Internet può attendere: peccato, perché con la banda larga magari si potrebbero lasciare a casa (a lavorare, però) un discreto numero di pendolari che ogni mattina salgono sui treni, permettendo loro di non perdere inutili giorni di lavoro quando sono impossibilitati a muoversi.
Per una nevicata, ad esempio.
Se però Internet diventa “cattiva” merita subito attenzioni: il gesto di un ragazzo in cura per problemi psichiatrici che lancia una statuetta contro il Premier, ferendolo, diventa un pretesto per una regolamentazione di emergenza. E durante l’emergenza è sempre la “pancia” a prendere il sopravvento, mai la “testa”: si preannuncia un giro di vite per controllare la Rete, incubatrice di odio.
Creare per scherzo su Facebook un gruppo di ammiratori dello psicolabile attentatore potrebbe diventare reato, addirittura un semplice click come “diventa fan” sarebbe a rischio penale.
Se non fosse che è il Ministro dell’Interno Maroni a parlare, verrebbe da guardare il calendario, per sincerarsi che Aprile sia ancora lontano: così, anziché scusarsi con i cittadini di non essere neppure riuscito a garantire la sicurezza del Premier da un “nemico” tutto sommato innocuo, alza la posta indirizzando le accuse verso la Rete (l’attacco è sempre la migliore difesa).
Con il passare dei giorni la “testa” torna a comandare: Internet non è un luogo diverso dagli altri, le leggi ci sono già ed è sufficiente farle applicare.
Internet è così simile alla vita reale che il Tribunale di Roma ha dato ragione a Mediaset nella causa contro Google: il contendere riguardava i numerosi filmati presenti sulla famosa piattaforma di streaming YouTube i cui diritti appartengono ovviamente a Mediaset. Il giudice ha ritenuto di non poter equiparare a “provider di spazi web” Google, ma anzi di considerarlo un Editore in senso “classico”, che guadagna con la pubblicità e che, però, risponde dei contenuti pubblicati.
Una interpretazione molto diversa rispetto alla normativa europea sugli UGC (User-Generated Content), dove a rispondere sono solo gli utenti che caricano materiale protetto e mai i provider che metteno solo a disposizione il mezzo: sarà una interessante e avvincente sfida legale [...]

http://www.oltrelinux.com/2010/01/19/internet-non-e-un-luogo-diverso/#more-2236

venerdì 15 gennaio 2010

Appunto

«Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano anche perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno e alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina, ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi o petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti fra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro».

«I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare fra coloro che entrano nel nostro Paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali». Attenti alla chiusa: «Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano purché le famiglie rimangano unite, e non contestano il salario».

«Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal Sud dell’Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione».

Sporchi, brutti, cattivi, misteriosi e incomprensibili. Si parla di noi, sembriamo noi che parliamo di loro. Il fatto è che i ricordi ruggenti si stingono con il tempo che passa, quelli tristi subiscono anche la scolorina dell’amor proprio, e così diventa possibile – avendo perso contezza di essere figli o nipoti di gente emigrata ovunque – non nutrire alcuna comprensione per chi oggi arriva nel nostro Paese. Eppure, ancora agli inizi dello scorso secolo, come dimostra il brano citato, l’Ispettorato per l’immigrazione statunitense diffidava degli immigrati dallo Stivale e invitava a fare attente cernite sull’importazione di forza lavoro. Poche righe di una relazione al Congresso del 1912 ci aiutano a capire che la ruota gira, è già girata, e non è detto che non torni a girare un’altra volta. Ma se gli americani avessero dato ascolto alle loro paure, Martin Scorsese aspirerebbe all’Oscar per il miglior film straniero, Rudy Giuliani avrebbe applicato la tolleranza zero alle magagne della periferia di Milano e il Fiorello La Guardia sarebbe al massimo l’aeroporto di Roma. L’America insomma sarebbe un’altra cosa. Loro, noi: destini incrociati. Se solo lo tenessimo a mente.

lunedì 11 gennaio 2010

Rosarno, Italia