Il Blog delle malefatte sindacali a Malpensa (e non solo)

venerdì 29 gennaio 2010

lettere italiane -1

Ricevo e pubblico una lettera da un paese sempre meno immaginario e sempre più inquietante:
Salve, sono un cittadino dell´Italianistan.
Vivo a Milano Due in un palazzo costruito dal Presidente del Consiglio. Lavoro a Milano in una azienda di cui è mero azionista il Presidente del Consiglio. Anche l´assicurazione dell´auto con cui mi reco a lavoro è del Presidente del Consiglio, come del Presidente del Consiglio è l´assicurazione che gestisce la mia previdenza integrativa.
Mi fermo tutte le mattine a comprare il giornale, di cui è proprietario il Presidente del Consiglio.
Quando devo andare in banca, vado in quella del Presidente del Consiglio.
Al pomeriggio, esco dal lavoro e vado a far spesa in un ipermercato del Presidente del Consiglio, dove compro prodotti realizzati da aziende partecipate dal Presidente del Consiglio. Alla sera, se decido di andare al cinema, vado in una sala del circuito di proprietà del Presidente del Consiglio e guardo un film prodotto e distribuito da una società del Presidente del Consiglio (questi film godono anche di finanziamenti pubblici elargiti dal governo presieduto dal Presidente del Consiglio).
Se invece la sera rimango a casa, spesso guardo la TV del Presidente del Consiglio, con decoder prodotto da società del Presidente del Consiglio, dove i film realizzati da società del Presidente del Consiglio sono continuamente interrotti da spot realizzati dall´agenzia pubblicitaria del Presidente del Consiglio.
Soprattutto guardo i risultati delle partite, perché faccio il tifo per la squadra di cui il Presidente del Consiglio è proprietario.
Quando non guardo la TV del Presidente del Consiglio, guardo la RAI, i cui dirigenti sono stati nominati dai parlamentari che il Presidente del Consiglio ha fatto e leggere. Allora mi stufo e vado a navigare un po´ in internet, con provider del Presidente del Consiglio.
Se però non ho proprio voglia di TV o di navigare in internet, leggo un libro, la cui casa editrice è di proprietà del Presidente del Consiglio.
Naturalmente, come in tutti i paesi democratici e liberali, anche in Italianistan è il Presidente del Consiglio che predispone le leggi che vengono approvate da un Parlamento dove molti dei deputati della maggioranza sono dipendenti ed avvocati del Presidente del Consiglio, che governa nel mio esclusivo interesse!

venerdì 22 gennaio 2010

L'ennesimo pretesto

Eccoli che puntualmente ci riprovano. A imbavagliare un pò la rete. Ogni pretesto è buono.
Ce lo spiega bene un articolo pubblicato dal sito http://www.oltrelinux.com/ (collegato alla storica rivista Linux & C.), di cui è interessante in particolare la prima parte.
Internet non è un luogo diverso
(pubblicato martedì 19 gen 2010 da P. Tassone)

Internet era tra le tre famose I del quarto Governo Berlusconi, insieme ad Impresa ed Inglese. E’ sopraggiunta la crisi e gli 800 milioni promessi per l’infrastruttura, per cercare di portare la banda larga un po’ ovunque, hanno dovuto cedere il passo ad investimenti più importanti. Niente banda da 2 Mbit garantita per tutte le famiglie, come aveva garantito il ministro Brunetta e niente di fatto anche per quei 50 o 60 mila nuovi assunti che – si stima – avrebbero trovato lavoro nell’indotto.
Internet può attendere: peccato, perché con la banda larga magari si potrebbero lasciare a casa (a lavorare, però) un discreto numero di pendolari che ogni mattina salgono sui treni, permettendo loro di non perdere inutili giorni di lavoro quando sono impossibilitati a muoversi.
Per una nevicata, ad esempio.
Se però Internet diventa “cattiva” merita subito attenzioni: il gesto di un ragazzo in cura per problemi psichiatrici che lancia una statuetta contro il Premier, ferendolo, diventa un pretesto per una regolamentazione di emergenza. E durante l’emergenza è sempre la “pancia” a prendere il sopravvento, mai la “testa”: si preannuncia un giro di vite per controllare la Rete, incubatrice di odio.
Creare per scherzo su Facebook un gruppo di ammiratori dello psicolabile attentatore potrebbe diventare reato, addirittura un semplice click come “diventa fan” sarebbe a rischio penale.
Se non fosse che è il Ministro dell’Interno Maroni a parlare, verrebbe da guardare il calendario, per sincerarsi che Aprile sia ancora lontano: così, anziché scusarsi con i cittadini di non essere neppure riuscito a garantire la sicurezza del Premier da un “nemico” tutto sommato innocuo, alza la posta indirizzando le accuse verso la Rete (l’attacco è sempre la migliore difesa).
Con il passare dei giorni la “testa” torna a comandare: Internet non è un luogo diverso dagli altri, le leggi ci sono già ed è sufficiente farle applicare.
Internet è così simile alla vita reale che il Tribunale di Roma ha dato ragione a Mediaset nella causa contro Google: il contendere riguardava i numerosi filmati presenti sulla famosa piattaforma di streaming YouTube i cui diritti appartengono ovviamente a Mediaset. Il giudice ha ritenuto di non poter equiparare a “provider di spazi web” Google, ma anzi di considerarlo un Editore in senso “classico”, che guadagna con la pubblicità e che, però, risponde dei contenuti pubblicati.
Una interpretazione molto diversa rispetto alla normativa europea sugli UGC (User-Generated Content), dove a rispondere sono solo gli utenti che caricano materiale protetto e mai i provider che metteno solo a disposizione il mezzo: sarà una interessante e avvincente sfida legale [...]

http://www.oltrelinux.com/2010/01/19/internet-non-e-un-luogo-diverso/#more-2236

venerdì 15 gennaio 2010

Appunto

«Generalmente sono di piccola statura e di pelle scura. Non amano l’acqua, molti di loro puzzano anche perché tengono lo stesso vestito per molte settimane. Si costruiscono baracche di legno e alluminio nelle periferie delle città dove vivono, vicini gli uni agli altri. Quando riescono ad avvicinarsi al centro affittano a caro prezzo appartamenti fatiscenti. Si presentano di solito in due e cercano una stanza con uso di cucina. Dopo pochi giorni diventano quattro, sei, dieci. Tra loro parlano lingue a noi incomprensibili, probabilmente antichi dialetti. Molti bambini vengono utilizzati per chiedere l’elemosina, ma sovente davanti alle chiese donne vestite di scuro e uomini quasi sempre anziani invocano pietà, con toni lamentosi o petulanti. Fanno molti figli che faticano a mantenere e sono assai uniti fra di loro. Dicono che siano dediti al furto e, se ostacolati, violenti. Le nostre donne li evitano non solo perché poco attraenti e selvatici ma perché si è diffusa la voce di alcuni stupri consumati dopo agguati in strade periferiche quando le donne tornano dal lavoro».

«I nostri governanti hanno aperto troppo gli ingressi alle frontiere ma, soprattutto, non hanno saputo selezionare fra coloro che entrano nel nostro Paese per lavorare e quelli che pensano di vivere di espedienti o, addirittura, attività criminali». Attenti alla chiusa: «Propongo che si privilegino i veneti e i lombardi, tardi di comprendonio e ignoranti ma disposti più di altri a lavorare. Si adattano ad abitazioni che gli americani rifiutano purché le famiglie rimangano unite, e non contestano il salario».

«Gli altri, quelli ai quali è riferita gran parte di questa prima relazione, provengono dal Sud dell’Italia. Vi invito a controllare i documenti di provenienza e a rimpatriare i più. La nostra sicurezza deve essere la prima preoccupazione».

Sporchi, brutti, cattivi, misteriosi e incomprensibili. Si parla di noi, sembriamo noi che parliamo di loro. Il fatto è che i ricordi ruggenti si stingono con il tempo che passa, quelli tristi subiscono anche la scolorina dell’amor proprio, e così diventa possibile – avendo perso contezza di essere figli o nipoti di gente emigrata ovunque – non nutrire alcuna comprensione per chi oggi arriva nel nostro Paese. Eppure, ancora agli inizi dello scorso secolo, come dimostra il brano citato, l’Ispettorato per l’immigrazione statunitense diffidava degli immigrati dallo Stivale e invitava a fare attente cernite sull’importazione di forza lavoro. Poche righe di una relazione al Congresso del 1912 ci aiutano a capire che la ruota gira, è già girata, e non è detto che non torni a girare un’altra volta. Ma se gli americani avessero dato ascolto alle loro paure, Martin Scorsese aspirerebbe all’Oscar per il miglior film straniero, Rudy Giuliani avrebbe applicato la tolleranza zero alle magagne della periferia di Milano e il Fiorello La Guardia sarebbe al massimo l’aeroporto di Roma. L’America insomma sarebbe un’altra cosa. Loro, noi: destini incrociati. Se solo lo tenessimo a mente.

lunedì 11 gennaio 2010

Rosarno, Italia