Il Blog delle malefatte sindacali a Malpensa (e non solo)

mercoledì 9 giugno 2010

Marchisio ladrone?

(post tratto dal blog gemello tifoasroma.blogspot.com)
La Lega Ladrona e la sua subcultura hanno evidentemente fatto scuola in tutti i campi. Anche in quelli da gioco. Checchè (non) dicano il suo procuratore, Abete, Lippi e tutti i corifei marchettari del regime radiotelevisivo, la frase incriminata c'è stata e si vede bene (questo è il video su youtube, peraltro quello presente al link originario risulta invece rimosso...). E del resto, che la dica si può intuire anche dai sorrisetti complici dei degni compagni che gli stanno accanto... Comunque la cosa non farà nessuno scandalo (e infatti non l'ha fatto e ci si è premuniti da subito che non lo facesse): ormai insultare Roma e i Romani è diventata una specie di tappa obbligata di chi vuole fare carriera in qualsiasi ambito. Immaginatevi solo, a parte invertite, cosa sarebbe potuto accadere se ci fossero stati Totti o de Rossi a insultare chicchessia e a storpiare l'inno: come minimo c'era da attendersi un d.a.spo. da Maroni e un messaggio alle camere da parte di Napolitano... Anche questa è l'Italia che evidentemente ci meritiamo.
Di seguito l'ottimo editoriale di Carmine Fotia su il Romanista.

CI SIAMO ROTTI I COJONI
di Carmine Fotia - 07-06-2010
Nell’estate del 1968 sul podio olimpico di Mexico City, l’atleta afroamericano Tommie Smith, che aveva trionfato nei 200 metri con il tempo record di 19.83 secondi, e il suo compagno John Carlos, che aveva conquistato il bronzo, levarono il pugno guantato di nero verso il cielo e abbassarono lo sguardo mentre si alzava la bandiera americana. Una protesta, la loro, in difesa dei diritti civili dei neri americani - era stato da poco assassinato il leader non violento del movimento, Martin Luther King. Per quel gesto che è rimasto nella storia, furono accusati di vilipendio alla bandiera, vennero espulsi dalla squadra nazionale e banditi dal villaggio olimpico. Faccio questa premessa per dire che conosco bene i gesti simbolici nello sport e so che la bandiera e gli inni nazionali possono essere criticati in nome di valori più grandi, di libertà conculcate, perchè nessuna bandiera e nessun inno posso valere più dei diritti universali dell’uomo. E scusate se sono partito così "alto" per dover poi precipitare a parlare del gesto compiuto da un mediocre giocatore della nostra nazionale di calcio di cui faccio persino fatica a rammentare il nome che, cantando l’inno nazionale nella partita amichevole contro la Svizzera, ha inserito lo slogan leghista "Roma ladrona".
Orbene, il punto è proprio questo, che non l’ha fatto a testa alta e per sostenere una causa così grande da giustificare l’oltraggio. No, l’ha fatto alla chetichella, e nessuno se ne sarebbe accorto se non esistesse Internet. Un internauta romanista - pare - ha passato al setaccio il video e ha messo in rete il labiale di…oddio come si chiama…Marchiccio...no? - va beh, il nome mi verrà - dal quale si evince chiaramente che ha detto "Roma ladrona". L’ha detto così, come una battuta goliardica. Uno sfregio. E allora non ci sto. I simboli possono essere contestati, anche quelli dell’unità nazionale, se si vuole dire qualcosa di importante, qualcosa per cui valga la pena offendere il sentimento dei tanti che amano la nostra bandiere e il nostro inno, per quanto bruttino possa essere. E allora ci si assume la responsabilità di contestare a viso aperto, spiegando perché e assumendosi le responsabilità delle conseguenze, ed io difenderei il diritto di chiunque a farlo. Come ho difeso Daniele De Rossi quando - assumendosene la responsabilità - ha criticato certi "eccessi" violenti della polizia nei confronti dei tifosi.
Ma in questo caso siamo di fronte al gesto di un ragazzino sciocco, da uno che non ha ancora fatto nulla che ci consenta di ricordarne il nome. L’ha fatto così, come quando si fa un peto in una stanza chiusa, per vedere l’effetto che fa. Solo che stavolta la puzza non ha provocato facce disgustate ma, come si vede dal video, l’espressione beota dei due compagni di squadra che stavano a fianco del petomane e che, avendo perfettamente udito l’insulto, ridevano divertiti. Lo dico con lo stesso linguaggio: ladrona a chi? E aggiungo che noi qui a Roma ci siamo proprio rotti i cojoni. Possiamo ricordare che nell’ultima finanziaria sono stati scippati alla città 300 milioni di euro che saranno interamente pagati da noi cittadini romani con meno servizi, aumento delle tariffe, strade sporche e piene di buche? Possiamo ricordare che, per restare al campo dello sport, attendiamo ancora che la nostra squadra possa avere il permesso per realizzare un nuovo e moderno stadio tutto suo, come avviene nei paesi più avanzati? Possiamo ricordare che a livello di sviluppo economico la nostra città ha spesso e volentieri superato le grandi città del nord? Che, se guardiamo ai bilanci, l’As Roma è la società più sana d’Italia e una delle prime nel mondo?
E poi, tutti i principali scandali degli ultimi anni: Tangentopoli, Calciopoli, spionaggio Telecom, sono nati e cresciuti al nord. E i soldi della mafia, sono certamente investiti a Milano ben più che a Roma. Il fatto è che su Roma, e sulla Roma (vedi il trattamento riservato a Totti e a De Rossi) si riversa la critica totalmente condivisibile verso la politica delle cricche e degli affari, di cui Roma è la prima vittima. Anche perché ha una classe dirigente di governo prona ai voleri leghisti e un’opposizione che sembra reclamare un posto nella spartizione del potere e degli affari più che rappresentare un’alternativa. E’ grave che un ragazzino irresponsabile possa sputare così su quel poco che ancora tiene unito questo paese, è un segno del degrado morale cui siamo ridotti. Del resto cosa possiamo aspettarci se il ministro degli interni - così pronto a redarguire De Rossi in nome dei valori della legalità - poi diserta la festa dell’unità repubblicana? Per fortuna c’è il capo dello stato a ricordarci cosa vuol dire essere una nazione. Per fortuna c’è Francesca Schiavone che ci fa sentire orgogliosi di essere italiani.
Lippi dice di volersi ispirare a lei. Magari può cominciare chiedendo ai due romani Daniele De Rossi e a Simone Pepe, di insegnare a tutti le parole vere del nostro inno nazionale. Ah, ecco, mi sovviene il nome del petomane: Marchisio. Marchisio chi?
P.S.: In serata una smentita che non smentisce nulla: "Nessuna frase offensiva, ero fuori tempo". A parte che il labiale dice altro, ma perchè Marchisiochi? ha atteso tanto a precisare? E infine: se non avesse detto nulla, di che cosa ridevano i compagni che gli stavano vicino?