Il Blog delle malefatte sindacali a Malpensa (e non solo)

venerdì 23 gennaio 2009

Good beginning

Il destino dell’America nel suo popolo
• da America Oggi del 21 gennaio 2009, pag. 1
di Stefano Vaccara
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La parola più usata dal presidente Barack Obama nel suo discorso inaugurale è stata “nation”. Il termine non è stato usato in modo “esclusivistico”, “noi” diversi dagli “altri”, “noi” contro gli “altri”. La “nation” usata da Obama ha un senso “inclusivo”, della rinnovata unione di individui liberi, “we the people”, così diversi nel credo o nelle razze ma di nuovo uniti nel proposito di rendere più forte l’America e farla restare una guida per il mondo.
Quando all’estero si guarda agli Usa come alla “grande potenza”, si pensa solo alla forza economica, tecnologica, militare. America “number one”, solo se ancora più ricca e più forte militarmente degli altri. Il declino della potenza americana si tratterebbe di un argomento scientifico, le grandi potenze nascono, crescono e muoiono. E’ stato sempre così, l’America si rassegni...
Ma l’arrivo alla Casa Bianca del figlio di un africano “che solo 60 anni fa non sarebbe stato servito in un ristorante di Washington”, segnala ancora una volta che il futuro della potenza americana non si può calcolare solo con freddi dati statistici. “What it’s happening here today is not about me but about the American people”. Il neo presidente Barack Obama ha detto dopo il suo discorso sulla scalinata del Campidoglio, durante un pranzo dentro il Congresso. Come per sottolineare che il significato più importante della sua presidenza, è la capacità di rinnovamento dell’America nello spirito della nazione creata poco più di due secoli fa. Una nazione democratica, con il governo del popolo, dal popolo, per il popolo. Quando ha giurato Obama ha messo la mano sulla bibbia usata da Lincoln, il presidente che a Gettysburg disse: “That this nation, under God, shall have a new birth of freedom—and that government of the people, by the people, for the people, shall not perish from the earth”.
Lo ha ricordato ieri ancora Obama, che l’America sarà ancora la nazione guida del mondo non per la forza della sua economia, o la potenza delle sue armi, o l’intelligenza dei suoi leader, ma per il potere di rinnovamento della sua democrazia che, dopo i gravi scossoni degli anni passati, ha dimostrato invece di essere ancora viva e forte.
Il giuramente di Obama arriva sicuramente in tempi difficilissimi, ma “at these moments, America has carried on not simply because of the skill or vision of those in high office, but because We the People have remained faithful to the ideals of our forbearers, and true to our founding documents”.
Così ciò che può far declinare l’America sarà solo la perdita di “confidence”, di fiducia, nel suo popolo. Ma il declino per Obama non ci sarà, perché il popolo resta l’artifice del destino della nazione. “Time and again these men and women struggled and sacrificed and worked till their hands were raw so that we might live a better life. They saw America as bigger than the sum of our individual ambitions; greater than all the differences of birth or wealth or faction… This is the journey we continue today. We remain the most prosperous, powerful nation on Earth. Our workers are no less productive than when this crisis began. Our minds are no less inventive, our goods and services no less needed than they were last week or last month or last year. Our capacity remains undiminished… All this we can do. All this we will do”.
Ed eccolo quindi il ritorno al governo del popolo per il popolo. “The question we ask today is not whether our government is too big or too small, but whether it works, whether it helps families find jobs at a decent wage, care they can afford, a retirement that is dignified… The success of our economy has always depended not just on the size of our gross domestic product, but on the reach of our prosperity; on the ability to extend opportunity to every willing heart -- not out of charity, but because it is the surest route to our common good”.
L’America sarà ancora potente non solo per i suoi dati statistici, ma per i suoi ideali e i suoi valori, che il suo popolo difenderà: “As for our common defense, we reject as false the choice between our safety and our ideals. Our founding fathers faced with perils that we can scarcely imagine, drafted a charter to assure the rule of law and the rights of man, a charter expanded by the blood of generations. Those ideals still light the world, and we will not give them up for expedience's sake…. And yet, at this moment, a moment that will define a generation, it is precisely this spirit that must inhabit us all. For as much as government can do and must do, it is ultimately the faith and determination of the American people upon which this nation relies…”.
E infine l’America di Obama non imporrà i suoi valori agli altri popoli, ma sicuramente sarà lì nuovamente ad essere ispirazione per tutti: “America is a friend of each nation and every man, woman and child who seeks a future of peace and dignity, and we are ready to lead once more….”
Obama ha chiuso il suo discorso, ricordando al mondo che la forza del popolo americano la si ritrova proprio nelle origini della nazione:
“At a moment when the outcome of our revolution was most in doubt, the father of our nation ordered these words be read to the people: "Let it be told to the future world that in the depth of winter, when nothing but hope and virtue could survive, that the city and the country, alarmed at one common danger, came forth to meet it." America, in the face of our common dangers, in this winter of our hardship, let us remember these timeless words; with hope and virtue, let us brave once more the icy currents, and endure what storms may come; let it be said by our children's children that when we were tested we refused to let this journey end, that we did not turn back nor did we falter; and with eyes fixed on the horizon and God's grace upon us, we carried forth that great gift of freedom and delivered it safely to future generations.”

1 commento:

Anonimo ha detto...

Obama sta all'America come Berlusconi e Veltroni stanno all'Italia: in fondo, sono tutti a loro modo rappresentativi delle loro realtà... E intanto noi giochiamo a fare gli amici di Putin e di Gheddafi... Ahinoi!