Ovvero come lo Scafista tentò di scavalcare il Feudatario e la torta comune venne allargata a spese del popolo.
Che cosa succede se un ridente (si fa per dire, c’è poco da ridere, se non per chi pratica una beata nullafacenza…) feudo sindacale subisce un tentativo di invasione da parte di una agguerrita orda sindacal-scafistica alla ricerca di nuovi territori fertili (la merda ha note proprietà di concimazione) dove insediarsi?
Dapprima il feudatario, temendo per le proprie millantate prerogative di immunità e inamovibilità per diritto divino-sindacale e vedendo parzialmente a rischio il persistere della propria beata nullafacenza, chiama in soccorso i chierici e i cappellani e invita i suoi vassalli e sodali alla resistenza a colpi di olio bollente e catapulte: le sue munizioni preferite erano e sono, in realtà, colpi di grosse cazzate (capaci del sorprendente effetto di far calare le brache ai consenzienti avversari) ma queste sono al momento tutte impegnate su un diverso fronte nel tentativo di rintuzzare la (tardiva) rivolta di un vescovo di confine in odor di eresia che ne ha osato di recente discutere l’inamovibilità. Poi, vistosi scavalcare le sue mura feudali dal combattivo capo dell’orda barbarico-scafistico-sindacale (che, nel frattempo, ha stretto alleanza con alcuni feudatari confinanti e ottenuto alcuni editti vescovili a suo favore e minaccia di insidiargli, essendo anch’egli interessato ad accrescere i propri, parte dei benefici della beata nullafacenza), organizza un banchetto per sancire la nuova spartizione del sacro suolo e delle sue rendite.
La soluzione è presto trovata: l’inamovibilità e la nullafacenza del vecchio feudatario saranno garantite, così come lo saranno la rendita sua e dei suoi vassalli, nonché le sue speciali prerogative di inamovibilità e il suo speciale diritto feudale con i suoi privilegi; i prelievi forzosi e le corvee lavorative dei servi della gleba sottoposti al feudo oggetto della spartizione e ai feudi confinanti saranno d’imperio (e col consenso automatico dei vescovi) raddoppiate e divise tra i due feudatari novelli alleati e i loro rispettivi vassalli ed eserciti di ventura (secondo i rispettivi diritti feudali); il nuovo alleato, a sua volta, parteciperà della quota di spartizione ottenuta i suoi vassalli e vassalle, migrati al seguito nel nuovo più esteso feudo. Dopodiché – raddoppiati d’imperio le rendite e prelievi a spese della servitù della gleba e lasciato, come sempre, ai vescovi il compito di sedare eventuali malumori – il feudo sarà territorialmente diviso in due parti: una retta dal nullafacente signore feudale, che acquisirà inoltre il titolo di “Sua grazia sindacale, L’inamovibile” per sé e per un congruo numero di vassalli; l’altra retta dall’(ormai ex) condottiero delle truppe barbarico-scafistiche, impegnato a riorganizzare le armate (retribuite o in attesa di esserlo) e gli eserciti di ventura in attesa di proseguire la marcia a tappe verso altri lidi e feudi…
Infine, il primo conserverà il suo scranno all’interno della Cappella di corte (1), e il secondo continuerà a servire messa presso la più ampia Cupola interfeudale(2).
Per entrambi, il calendario da ciascuno imposto come vigente e proclamato solennemente con l’unanime consenso dei vescovi prevedrà pochissimi giorni l’anno di richiesto soggiorno al castello, peraltro utili a mantenere i rapporti con la corte, a verificare l’accondiscendenza del vescovo, e a riscuotere i rispettivi prelievi retribuiti dalla comune servitù della gleba, nonché quelli provenienti dal resto del territorio… Nei restanti giorni i castellani vicini o confinanti e le rispettive servitù si faranno gradito carico dell’ospitalità di Lorsignori feudali, i cui costi e retribuzioni resteranno comunque in prevalenza a carico del territorio del feudo e della collettività tutta dei servi della gleba.
(1) Ormai tradizionalmente conosciuta dal popolo come la “Cappella bassina”, e non per l’altezza delle sue volte.
(2) Nota anche come “Cupola mediolanense”, probabilmente per la sua collocazione geografica o forse per il suo sovraffollamento.
Che cosa succede se un ridente (si fa per dire, c’è poco da ridere, se non per chi pratica una beata nullafacenza…) feudo sindacale subisce un tentativo di invasione da parte di una agguerrita orda sindacal-scafistica alla ricerca di nuovi territori fertili (la merda ha note proprietà di concimazione) dove insediarsi?
Dapprima il feudatario, temendo per le proprie millantate prerogative di immunità e inamovibilità per diritto divino-sindacale e vedendo parzialmente a rischio il persistere della propria beata nullafacenza, chiama in soccorso i chierici e i cappellani e invita i suoi vassalli e sodali alla resistenza a colpi di olio bollente e catapulte: le sue munizioni preferite erano e sono, in realtà, colpi di grosse cazzate (capaci del sorprendente effetto di far calare le brache ai consenzienti avversari) ma queste sono al momento tutte impegnate su un diverso fronte nel tentativo di rintuzzare la (tardiva) rivolta di un vescovo di confine in odor di eresia che ne ha osato di recente discutere l’inamovibilità. Poi, vistosi scavalcare le sue mura feudali dal combattivo capo dell’orda barbarico-scafistico-sindacale (che, nel frattempo, ha stretto alleanza con alcuni feudatari confinanti e ottenuto alcuni editti vescovili a suo favore e minaccia di insidiargli, essendo anch’egli interessato ad accrescere i propri, parte dei benefici della beata nullafacenza), organizza un banchetto per sancire la nuova spartizione del sacro suolo e delle sue rendite.
La soluzione è presto trovata: l’inamovibilità e la nullafacenza del vecchio feudatario saranno garantite, così come lo saranno la rendita sua e dei suoi vassalli, nonché le sue speciali prerogative di inamovibilità e il suo speciale diritto feudale con i suoi privilegi; i prelievi forzosi e le corvee lavorative dei servi della gleba sottoposti al feudo oggetto della spartizione e ai feudi confinanti saranno d’imperio (e col consenso automatico dei vescovi) raddoppiate e divise tra i due feudatari novelli alleati e i loro rispettivi vassalli ed eserciti di ventura (secondo i rispettivi diritti feudali); il nuovo alleato, a sua volta, parteciperà della quota di spartizione ottenuta i suoi vassalli e vassalle, migrati al seguito nel nuovo più esteso feudo. Dopodiché – raddoppiati d’imperio le rendite e prelievi a spese della servitù della gleba e lasciato, come sempre, ai vescovi il compito di sedare eventuali malumori – il feudo sarà territorialmente diviso in due parti: una retta dal nullafacente signore feudale, che acquisirà inoltre il titolo di “Sua grazia sindacale, L’inamovibile” per sé e per un congruo numero di vassalli; l’altra retta dall’(ormai ex) condottiero delle truppe barbarico-scafistiche, impegnato a riorganizzare le armate (retribuite o in attesa di esserlo) e gli eserciti di ventura in attesa di proseguire la marcia a tappe verso altri lidi e feudi…
Infine, il primo conserverà il suo scranno all’interno della Cappella di corte (1), e il secondo continuerà a servire messa presso la più ampia Cupola interfeudale(2).
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(1) Ormai tradizionalmente conosciuta dal popolo come la “Cappella bassina”, e non per l’altezza delle sue volte.
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1 commento:
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